Fitti, il Comune incassa |appena 136 mila euro l’anno

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20 Giugno 2015, 05:26

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CATANIA – Poco più di 136 mila euro. Per la precisione 136.213,06. Tanto ha incassato il Comune nel 2013 dalle locazioni attive. Il dato, l’ultimo disponibile, mostra un trend del tutto opposto a quello degli affitti passivi che, negli anni, hanno gravato sul bilancio comunale per oltre sei milioni di euro – e che ora l’amministrazione ha deciso di contenere, riducendone gradualmente il costo, fino a risparmiare, entro il 2017, circa 5 milioni.

Diciotto, in totale, gli immobili di proprietà dell’Ente affittati a terzi: ognuno, secondo media aritmetica, farebbe incassare al Comune 7.567 euro l’anno, 630 euro al mese. In realtà, i prezzi applicati differiscono, a volte in modo evidente, da un edificio all’altro, ma nel complesso, quanto ottenuto da Palazzo degli Elefanti sembra davvero una cifre troppo bassa, soprattutto in considerazione che alcuni di questi immobili si trovano in zone pregiatissime della città.

Così, l’affitto della bottega di via di Sangiuliano 315, porta nelle casse comunali appena 7.638,12 euro ogni anno, appena 636,5 al mese. Il contratto, di sei anni, scadrà solo nel 2017. Mentre, per la bottega in via Santa Maria del Rosario, ai civici 8 e 10, a due passi dal Duomo, l’incasso è quasi il doppio, 14.018 euro l’anno, cioè 1.168 euro al mese. Una cifra, quest’ultima che appare ancora non proprio adeguata al mercato, ma quanto meno più congrua. In questo caso, bisognerà aspettare il 2019 per rivedere il contratto, della durata di sei anni.

E ancora, l’appartamento in affitto in via Crociferi 63, era affittato – la locazione, stando ai dati pubblicati dal Comune dovrebbe essere cessata due anni fa – alla cifra record (in negativo) di 1.344 euro l’anno, appena 112 euro al mese mentre, un appartamento in via Ficarazzi, alle spalle di piazza Santa Maria di Gesù, è locato a 4.872 euro annui, cioè 406 euro al mese. Canoni un po’ bassini considerati i luoghi. Il centro direzionale di via Girolamo Gravina, a San Giovanni Galermo, affittato fino al 2013, faceva incassare al Comune appena 264 euro l’anno; gli appartamenti di via Vetrano (alle spalle di via della Concordia) ai civici 30 e 32, sono locati invece rispettivamente a 948 e 829 euro annui.

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L’elenco prosegue con gli altri immobili affittati dal Comune, per i quali il Palazzo incassa un po’ di più – gli uffici postali di viale Africa, locati a 58.717 euro l’anno (fino al 2017), il deposito di piazza Stesicoro 29, Palazzo Tezzano, affittato a 3.612 euro anno, 301 euro al mese (e fino al 2020), e altri – e si conclude con due locazioni particolari. La prima riguarda l’immobile di via Crociferi 40, sede della Cgil, le cui somme sono pignorate e l’immobile di via di Sangiuliano 319/321 le cui somme sono soggette a procedura legale.

In ogni caso, pare che l’amministrazione comunale, una volta avviato il piano di dismissione graduale di molti affitti passivi, voglia concentrare l’attenzione anche su quelli attivi che, per quanto facciano “girare” molto meno denaro, rappresentano, o almeno potrebbero rappresentare, un’importante voce di entrate per l’Ente. “Per quanto riguarda gli affitti passivi parliamo di milioni – spiega l’assessore al Patrimonio, Giuseppe Girlando – cioè numeri che incidono pesantemente sul bilancio del Comune. Per quanto riguarda i fitti attivi, i numeri sono altri, molto più bassi. Noi dobbiamo sicuramente far sì che nessuno si avvantaggi in maniera impropria dei beni del Comune – continua – che deve ottenere il pagamento di quanto effettivamente dovuto. Ovviamente, ci troviamo, sia per i fitti attivi sia per quelli passivi, a dover aspettare la scadenza dei contratti in essere per rimodularli. Ci attiveremo per questo. In ogni caso – assicura – per una parte importante, si farà un’analisi della situazione esistente e si procederà alla valorizzazione. Già quest’anno si sono ottenuti dei vantaggi maggiori dalla locazione di terreni come aree di cantiere, piuttosto che dalle locazioni”.

Girlando spiega poi che, per quanto riguarda gli affitti attivi, esistono alcuni “vincoli”. “Bisogna tenere presente – prosegue l’assessore – che, da un lato, il Comune ha l’esigenza di fare cassa; da un altro, di valorizzare il patrimonio che non può vendere e infine, deve garantire la funzione sociale che alcuni immobili hanno, perché utilizzati da Onlus o per attività sociali, come previsto dal regolamento comunale che prevede che alcuni soggetti abbiano diritto ad avere affitti a condizioni di mercato più favorevoli. Non sempre le esigenze della massimizzazione è coerente con le finalità che si devono raggiungere – sottolinea. Con la situazione in cui si trova l’ente – conclude – che si trova all’interno del piano di rientro, occorre fare un distinguo tra immobili che non si prestano ad attività sociale, e che quindi vanno o venduti o valorizzati al massimo, e gli altri. Sapendo comunque che, la valutazione esatta del valore del patrimonio comunale evita che il Comune faccia impropri regali”.

 

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20 Giugno 2015, 05:26

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