14 Maggio 2021, 11:48
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La conferma è arrivata ieri da Stefano Patuanelli, ministro delle politiche Agricole, durante un’audizione all’ARS: i fondi del Piano di Sviluppo Rurale, lo strumento con cui i fondi di sviluppo europei sono erogati alle varie regioni italiane per dare impulso al settore agricolo, saranno rimodulati con nuovi criteri. Una decisione che arriva dopo mesi di pressioni da parte di sedici regioni del centro e nord Italia, che sarebbero favorite dal nuovo programma di distribuzione a scapito delle regioni del sud.
Una partita che non riguarda solo i fondi destinati all’agricoltura. Se nell’immediato, infatti, il problema sono i soldi del PSR, più di quattrocento milioni che prenderebbero un biglietto di sola andata dalle regioni meridionali a quelle del nord, sullo sfondo c’è una partita molto più ricca, quella dei fondi Next Generation EU. Su cui tutte le regioni italiane cercano di segnare punti e stabilire precedenti politici, chiedendo maggiore attenzione alle aree in via di sviluppo o una spinta all’economia del nord, la cosiddetta locomotiva del paese che non vuole rimanere senza carburante.
Il PSR, si legge sul sito dedicato al piano dalla Regione Sicilia, è lo strumento per il finanziamento e l’attuazione del Fondo Europeo agricolo di sviluppo rurale (FEASR). Ovvero, attraverso il PSR la Sicilia eroga le somme stabilite dall’Unione Europea per sviluppare le attività agricole e tutto il loro comparto. Nella programmazione che comprende gli anni 2014 – 2020 erano stati destinati alla sola Sicilia più di due miliardi di euro, da dividere tra un numero sterminato di interventi che comprendevano l’insediamento per i giovani in agricoltura, la lotta a malattie degli agrumi, gli interventi sulla viabilità rurale e investimenti diretti nelle aziende.
Il piano assegnava le risorse con criteri che guardavano al grado di sviluppo delle zone, al collegamento con i mercati e in generale al divario rispetto a zone più progredite d’Europa, per colmare il quale l’UE mette in atto i suoi piani di sviluppo. Per questo sei regioni italiane (oltre alla Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Basilicata e Umbria) erano destinatarie del sessanta per cento delle somme totali riservate all’Italia. Un equilibrio che, ancora nel novembre scorso, permetteva all’allora assessore regionale all’Agricoltura Edy Bandiera di esultare: “In termini di spesa comunitaria siamo arrivati a superare il miliardo di euro di somme già giunte nelle tasche degli agricoltori”.
Fino a che non è arrivata la crisi del Coronavirus. Che ha fermato la programmazione europea (nel 2021 sarebbe dovuto partire un nuovo ciclo di finanziamenti) costringendo a prorogare le misure in corso anche nel biennio 2021 – 2022. In questi due anni alla sola Sicilia sarebbero dovuti arrivare più di seicento milioni. Ma nel frattempo un gruppo di sedici regioni italiane, quelle che prendevano il rimanente quaranta per cento dei fondi, ha iniziato a chiedere di rimodulare la ripartizione delle cifre: basta con i criteri storici, quelli basati sul grado di sviluppo, passiamo invece a criteri oggettivi. I quali prevedono di assegnare i fondi in base a numero di imprese sul territorio, ettari coltivati, superficie forestale, abitanti residenti nelle aree rurali e pil legato al settore agricolo.
Con le nuove modalità ci sarebbe una rivoluzione. Sicilia e Campania si vedrebbero tagliati più di cento milioni di euro a regione in due anni, con perdite cospicue anche per Puglia, Basilicata, Umbria e Calabria, con trenta milioni in meno ciascuna. Il tutto a vantaggio di Toscana, Lazio, Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna, che si vedrebbero assegnare cinquanta milioni ciascuna in due anni.
Il disegno dalle sedici regioni “rivoluzionarie” ha trovato ascolto nel ministro Stefano Patuanelli, che ha proposto un inserimento graduale del nuovo sistema. Secondo il piano Patuanelli, nel 2021 le somme si distribuirebbero per un 30 per cento con criteri oggettivi e per il settanta con criteri storici, mentre per il 2022 la proporzione si invertirebbe. Dal ciclo successivo di programmazione si passerebbe poi a nuovi criteri, tutti da negoziare.
Per questo da mesi le regioni del sud sono in fermento per il nuovo piano di ripartizione: più di 400 milioni di euro già destinati al meridione prenderebbero la strada del nord, come si legge anche in una risoluzione approvata all’ARS sul tema. Nella quale si precisa l’entità dell’opposizione siciliana al nuovo progetto di ripartizione. “Il dato incontrovertibile – si legge nel documento dell’ARS – è che oggi le risorse nazionali per l’agricoltura si concentrano maggiormente nelle aree forti del Paese mentre dovremmo invece essere fatto il contrario. L’attuale proposta ministeriale toglie dalla disponibilità delle regioni più svantaggiate risorse che pure sono, ontologicamente, destinate ad esse, indirizzandole verso i territori più sviluppati con effetti notevolissimi sull’aumento dei divari tra i territori agricoli e rurali”. Non solo, ma “gli indicatori dei criteri oggettivi, prendendo ad esempio come riferimento la produzione lorda vendibile, non sembrano tenere conto della strategia europea Green Deal e connessa Farm to Fork, che mira a rendere più sostenibile l’intera filiera agroalimentare”. Critiche anche all’idea di rimodulare i conti già stabiliti per la programmazione 2014 – 2020, di cui il biennio 2021 – 2022 è una proroga.
L’obiettivo è mantenere invariati i criteri di ripartizione del PSR e su questo si sta muovendo tutta la politica siciliana, che già nella giornata di ieri ha protestato ad alta voce contro Patuanelli e la sua conferma che invece ci si muove verso i criteri oggettivi. Il pericolo è, infatti, che si lasci aperta la porta a un precedente che permetta di concentrare i fondi europei sul nord. Con il Next Generation EU alle porte, ciascuno muove le sue pedine per farsi trovare pronto.
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14 Maggio 2021, 11:48