Fondi Ue, la paura degli agricoltori | “Tagliate fuori metà delle aziende”

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04 Giugno 2016, 13:29

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PALERMO – A cambiare tutto è stata l’introduzione del “reddito lordo standard”: il nuovo parametro per consentire l’accesso ai 2,3 miliardi previsti dal Piano di sviluppo rurale, una delle “fette” che compongono i finanziamenti comunitari destinati alla Sicilia. Quel parametro è una novità della nuova programmazione 2014-2020, che rischia però di provocare un po’ di danni soprattutto a piccoli e nuovi produttori.

Il motivo è molto semplice ed è affidato ai numeri. Il nuovo requisito prevede infatti il possesso, per chi vuole chiedere un finanziamento nell’ambito del Psr, di un reddito lordo standard di 15 mila euro. Un reddito che ovviamente è il frutto del valore “per ettaro” dei differenti tipi di coltivazione. Solo per fare un esempio, un ettaro di seminativo vale 730 euro: servono quindi almeno 20 ettari di terreno per partecipare ai bandi. Una condizione simile per diversi tipi di colture.

Il problema sta proprio lì. A possedere 20 ettari di terreno di seminato, o diversi ettari per altre colture, sono la minoranza degli agricoltori siciliani. Tutti gli altri si troverebbero tagliati fuori dai contributi. In particolare quelli delle zone interne dell’Isola, dove i possedimenti sono molto frammentati.

Una immagine che, tra l’altro, è stata chiaramente fotografata dalla stessa Regione e proprio nelle oltre mille pagine del nuovo Piano di sviluppo rurale. “Esaminando la distribuzione delle aziende per classi di dimensione fisica ed economica, – si legge infatti nel Piano – si confermano i fenomeni di polverizzazione strutturale ed economica del sistema agricolo siciliano: il 53% delle aziende ha una Sau (superficie agricola) inferiore a due ettari, il 49,4% una produzione standard (PS) inferiore a 4 mila euro”. Insomma, la metà degli agricoltori siciliani sono ben lontani dai requisiti richiesti per accedere ai finanziamenti.

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“Con tali parametri – conferma Antonio Bufalino, responsabile agricoltura del Pd di Caltanissetta – l’insediamento dei giovani è concesso solo a chi subentra in un’azienda produttiva mentre restano esclusi coloro i quali vogliono insediarsi ex novo in agricoltura. La domanda sorge spontanea: è una strategia per dichiarare definitivamente la morte delle aree interne? Le amministrazioni regionali ne sono a conoscenza e consapevoli? Esiste un piano strategico supplementare?”. Una preoccupazione assai diffusa nel settore. Come spiega anche l’architetto Mario Ventimiglia, che per anni ha curato progetti di accesso ai finanziamenti europei per conto delle aziende agricole siciliane: “Nessuno dei partecipanti ai cosiddetti tavoli di concertazione – la denuncia – si è accorto che sostanzialmente non si consentirà alla metà e più delle aziende siciliane di partecipare agli aiuti comunitari, e men che meno ai giovani che volessero avvicinarsi al mondo agricolo? L’indirizzo di questo Psr è chiaro – continua – avanti le grandi aziende. I piccoli e i giovani? Un po’ di pazienza…”.

Pazienza che il settore non può permettersi, secondo il presidente dell’ordine degli agronomi di Caltanissetta Piero Lo Nigro: “Serve una riflessione seria e immediata. Lo abbiamo chiesto più volte all’assessore Cracolici, ma alla Regione temo ci sia troppa superficialità. Nei mesi scorsi – aggiunge – abbiamo colto solo la disponibilità a rivedere questi criteri da parte dell’ex dirigente generale Sara Barresi, ma adesso dobbiamo vederci tutti attorno a un tavolo. Non si può più perdere tempo”.

E le preoccupazioni degli agricoltori sono, in realtà, condivise anche dall’assessore regionale alle Risorse Agricole Antonello Cracolici, “almeno – spiega – per alcune colture, per le quali i nuovi parametri richiederebbero superfici davvero troppo ampie e taglierebbero fuori tante aziende”. Adesso, però, correre ai ripari non è semplice: “Quei parametri – spiega infatti Cracolici – andavano discussi più di un anno fa, quando si è chiuso l’accordo con l’Europa per stilare il nuovo Piano di sviluppo rurale. Adesso dovremo cercare di convincere la Commissione europea a modificare quei requisiti. Ci stiamo provando, sebbene la questione sia emersa appena tre mesi fa, in occasione del Comitato di sorveglianza. Proveremo a recuperare il tempo perduto”. Prima che centinaia di giovani e piccole aziende agricole si vedano sbattere in faccia la porta dell’Europa.

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04 Giugno 2016, 13:29

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