Cala un altro sipario sulla Sicilcassa | All’asta i beni del Fondo pensioni

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15 Giugno 2016, 18:23

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PALERMO – Sono passati quasi vent’anni dal crac della Sicilcassa. Un fallimento annunciato che è costato soprattutto ai siciliani, attraverso le migliaia di lire prima e di euro poi, pagati dai contribuenti. La fine di un pilastro della storia economica e politica dell’Isola, che ancora aleggia nel linguaggio e nel sentire comune, con i più anziani che nel palazzo di piazza Borsa vedono ancora la sede ammiraglia della ex banca siciliana e non l’hotel di lusso che adesso si trova lì.

Quasi vent’anni dopo, il Fondo pensioni dell’ex Sicilcassa vende all’asta i suoi edifici, un patrimonio valutato oltre 110 milioni di euro, composto da dodici stabili e 79 unità immobiliari per una superficie complessiva di circa 140 mila metri quadrati. Il sistema per la vendita sarà quello delle aste pubbliche notarili e telematiche. Per la prima volta in Sicilia le aste giudiziarie, che si svolgeranno tra il 27 giugno e il 21 luglio, saranno gestite via web da notai “banditori” dell’Aspep, l’Associazione notarile di procedure esecutive di Palermo, che si occuperà dell’aggiudicazione di un blocco di immobili del Fondo pensioni per il personale della Cassa centrale di Risparmio Vittorio Emanuele (denominazione ufficiale dell’ex Sicilcassa). “Le aste telematiche – assicura il Comitato regionale Notarile della Sicilia – sono sicure perché eliminano il rischio di turbative e clonazioni, assicurano la tracciabilità degli atti e l’identificazione dei soggetti che partecipano alla procedura da un terminale remoto. Permettono di ampliare la platea di persone potenzialmente interessate all’immobile e nello stesso tempo di diminuire i costi per l’acquirente che non si deve spostare fisicamente presso la sede dell’asta, ma può partecipare tramite i notai collegati alla piattaforma. Le aste telematiche garantiscono trasparenza, in quanto gli attori del sistema assistono in tempo reale a tutti gli eventi”.

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GLI IMMOBILI – I beni del Fondo pensioni dell’ex Sicilcassa sono sparsi in tutta la Sicilia, dai capoluoghi di provincia alle città più piccole. Dodici edifici (95 mila metri quadrati di superficie) e 79 unità non abitative (per complessivi 45 mila metri quadrati): uffici, magazzini e box, negozi, una caserma, due scuole, una palestra. Si trovano quasi sempre nelle zone più belle e centrali del tessuto urbano e saranno messi in vendita per singoli lotti con valori ridotti del 20 per cento rispetto alle vendite degli anni precedenti. A Palermo, fra gli edifici di maggior pregio ci sono quello di dieci piani ad angolo fra via Libertà e via Cordova che ospitarono la direzione ex Sicilcassa (base d’asta di poco superiore a 24 milioni), lo stabile di piazza Castelnuovo di fronte al Teatro Politeama (8,5 milioni), il palazzo di via Calvi (9,2 milioni) che ospita la Soprintendenza ai Beni culturali e l’Agenzia di credito su pegno dell’Unicredit. Oltre agli edifici, nel capoluogo ci sono pure altre unità immobiliari in vendita a prezzi più contenuti. A Catania, in vendita una porzione di Palazzo Tezzano, in via Etnea, con prezzo a base d’asta che sfiora i 5 milioni di euro. A Siracusa, l’edificio ad angolo fra via Scala Greca e via Lentini (3,7 milioni). E ancora, immobili in vendita a Trapani, Cefalù, Caltanissetta, Messina e Milazzo.

LA STORIA – La Cassa centrale di risparmio Vittorio Emanuele per le province siciliane, storico istituto bancario, fu costituita il 31 ottobre 1861 con un capitale sociale di sole 42.500 lire. Controllata dagli anni cinquanta dalla Regione siciliana, Sicilcassa diventa allo stesso tempo il primo istituto bancario dell’Isola – negli anni settanta un siciliano su cinque ha un conto di risparmio lì – e un feudo della politica di stampo “Prima repubblica”, ovvero un insieme di poltrone nella disponibilità dei politici di allora per raccogliere consensi. È il 1997 quando la Sicilcassa fa crac. La “generosità” nel concedere prestiti a imprenditori “amici” e “amici di amici” insolventi, il coinvolgimento nei finanziamenti al “sacco di Palermo”, le lunghe mani della mafia economica, sono tra le cause che portano la banca alla liquidazione e gli ex amministratori alla condanna per bancarotta fraudolenta. A nulla servì la riforma bancaria del 1990 con cui l’istituto bancario fu trasformato in una S.p.A., con una ricapitalizzazione costata alla Regione Siciliana circa 500 miliardi di lire. Nel 1996, con 3.850 dipendenti, 245 sportelli, 11 mila miliardi di lire di depositi e altrettanti di impieghi, ma anche con 1.200 miliardi di deficit, la Sicilcassa venne messa in liquidazione dal governatore della Banca d’Italia di allora, Antonio Fazio, e acquisita nel settembre 1997 dal Banco di Sicilia. Ad oggi non restano che i beni del Fondo pensioni, e forse ancora per poco.

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15 Giugno 2016, 18:23

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