Formazione artistica e musicale | Cococo vietati, si fermano i corsi

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28 Novembre 2019, 05:05

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PALERMO – All’Accademia di belle arti di Palermo le lezioni sono iniziate da oltre un mese, ma i contratti degli esperti esterni che svolgono il servizio di docenza sono ormai vietati dalla legge: di fatto, dal 14 ottobre gli oltre 1.500 iscritti non possono frequentare molti corsi. Il paradosso non va in scena solo all’Accademia di Palermo ma coinvolge docenti, tutor per allievi disabili, interpreti del linguaggio dei segni e modelli viventi dell’intero comparto Afam (Alta formazione artistica e musicale) nazionale. Il contratto in questione è quello di collaborazione coordinata e collaborativa, o Cococo: ecco perché sulla facciata dell’accademia palermitana campeggia lo striscione “Cococo, come polli in gabbia”. Ora tutti, fra docenti, studenti, sindacati e amministratori, attendono risposte dal ministero dell’Istruzione su come disinnescare la ‘bomba’.

Dal 1° luglio, dopo una lunga serie di rinvii, per il comparto Afam è entrato in vigore il divieto di mantenere in organico i Cococo. Il decreto legislativo n. 165/2001 vieta “alle amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”. Oltre a colpire i docenti precari, il divieto intacca la continuità del piano di studi delle accademie di belle arti, degli istituti statali superiori per le industrie artistiche, dei conservatori e delle accademie di danza e arte drammatica.

A Palermo i docenti hanno costituito un coordinamento locale e hanno fatto rete con realtà analoghe in tutta Italia; nel frattempo hanno anche creato una piattaforma rivendicativa, “che va oltre la risoluzione del problema immediato – ribadisce anche Agnese Giglia, coordinatrice del gruppo del capoluogo –. Da diversi anni accademie e conservatori sono gestiti quasi al 50 per cento da docenti precari, senza contare che il contratto Cococo è atipico perché si è tenuti a lavorare praticamente come i docenti ordinari. Dopo la ‘scintilla’ partita da Palermo, quasi tutte le accademie hanno dato comunicazione che gli unici contratti attivabili erano quelli a partita Iva, cosa per alcuni di noi impossibile”.

“Al momento i corsi bloccati sono tanti – avvisa Giglia – e in particolare quelli nuovi come i bienni di fashion design, graphic design, exhibition design o fumetto: questi corsi hanno numerosissimi iscritti, ma anche il 90 per cento dei docenti a contratto cioè pagato direttamente dall’Accademia, al contrario di quelli strutturati che sono pagati dal Miur. Oggi il passaggio da una categoria all’altra può avvenire solo quando uno strutturato va in pensione, o attraverso graduatorie che solo di recente sono state aperte ai contrattisti. Ormai – aggiunge – è dal 1999 che non c’è un ampliamento di organico da parte del Miur nel comparto Afam, ed è assurdo perché l’Afam ha un aumento straordinario degli iscritti ma poi in realtà non partono i corsi. Per questo al Miur chiediamo soprattutto un tavolo di confronto, così da ragionare su un tipo di contratto specifico per i docenti che attualmente non esiste, ma soprattutto per parlare di ampliamento dell’organico”.

Secondo Fabio Cirino, segretario della Flc Cgil Palermo, l’Accademia di belle arti palermitana sarebbe il focolaio di una serie di conseguenze: “Tutto è nato quando all’accademia di Palermo è stato deciso di offrire ai docenti a contratto la possibilità di passare a un contratto a partita Iva – dice –, imponendo un compenso orario di 40 euro lordi oltre le tasse e i contributi, e di specificare il luogo della prestazione. Ci risulta che, nonostante il problema fosse già noto a livello nazionale, solo Palermo voleva imporre il passaggio alla partita Iva; per questo la Cgil ha fatto una diffida al direttore Mario Zito”. Rivolgendosi al governo, Cirino precisa che la richiesta non è semplicemente di tamponare l’emorragia ripristinando i contratti vietati perché “così si rimarrebbe nel contesto del precariato. Sarebbe opportuno invece riformulare questi contratti, magari stabilizzando i docenti a tempo indeterminato”.

D’altra parte, l’amministrazione dell’Accademia si trova nella stessa barca. A voler fare fronte comune contro l’indifferenza delle istituzioni è lo stesso Mario Zito, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Palermo: “La posizione dell’accademia è a sostegno di studenti e famiglie”, commenta, spiegando cos’ha portato alla proposta dei contratti poi contestati: “In un primo momento l’accademia ha pensato all’unica possibilità a sua disposizione, ovvero la stipula dei contratti a partita Iva, dato che è una pratica già applicata all’interno della nostra istituzione; giustamente però tanti esperti esterni hanno rilevato la difficoltà nell’aprire una partita Iva, e così quasi tutti gli istituti Afam hanno bloccato ogni iniziativa contrattuale e hanno chiesto chiarimenti al Mise”. Zito fa sapere che l’accademia di Palermo ha avviato un percorso di contrattualizzazione “solo ed esclusivamente a coloro che, forniti di partita Iva, lo scorso anno avevano già scelto di essere contrattualizzati in quel modo. Ma sono pochissimi, quattro o cinque, per cui non risolvono assolutamente il problema”.

Per gli studenti la situazione è insostenibile. “Siamo venuti a conoscenza del problema intorno al 10 ottobre, con le lezioni ormai quasi iniziate – dice Donatella Longo, allieva di Progettazione dei sistemi espositivi e museali –. Nei calendari invece degli orari delle lezioni c’era la frase ‘docente da nominare’. E dire che paghiamo anche la tassa regionale per il diritto allo studio. Visti i disagi – si chiede Longo –, perché non è stato disposto almeno che questa tassa venisse sospesa per il comparto Afam? Ma c’è di più: tutte le materie che seguiamo prevedono la frequenza obbligatoria, e i direttori non possono farsi carico di rimuoverla perché dovrebbe deciderlo il Miur; come faremo ad attestare la frequenza per le lezioni non ancora partite?”. A fare le spese dell’impasse sono anche i laureandi, che hanno iniziato a lavorare alle tesi con professori che ora invece non li assistono più. “Abbiamo ben chiaro che la colpa non è dell’amministrazione della nostra Accademia ma del ministero – precisa Longo –. Stanno rovinando le vite degli studenti”.

Lo striscione sulla facciata porta la firma degli studenti del ‘Collettivo accademico Palermo’. “L’aspetto delle nomine dei docenti è stato sottovalutato da tutti – rileva Irene Papale, studentessa membro del collettivo –, a Palermo come altrove in Italia. Momentaneamente tutto sta nel raccogliere informazioni specifiche per capire come trovare soluzioni contrattuali, e questa è la direzione in cui si sta muovendo l’Accademia. Abbiamo disagi anche con le borse di studio all’Ersu – prosegue – perché se non raggiungiamo un numero di crediti non possiamo nemmeno accedervi, ma il problema coinvolge anche i modelli viventi che sono nello stesso stato dei docenti, e come se non bastasse pure gli studenti disabili che si ritrovano senza un tutor e quindi senza un loro diritto. La domanda spontanea è: come mai non è stato sbloccato l’organico dell’Afam? È mai possibile che per avere un altro docente in organico si debba aspettare il pensionamento o la morte di un altro? Queste cose le abbiamo chieste al ministero, tutti quanti, ma una risposta non è mai arrivata a nessuno”.

In attesa di un incontro a livello nazionale fra i direttori degli istituti del comparto, in programma martedì a Roma, il direttore Zito precisa che “l’assenza di risposte dal Mise fa venir meno il senso di appartenenza a un ministero che invece dovrebbe rappresentare e tutelare un dirigente. La sensazione – prosegue – è di estremo sconforto e solitudine, perché il problema viene demandato alla singola istituzione. Soprattutto trattandosi di un problema così grande: gli esperti esterni che prestano servizio di docenza ricadono soprattutto sui corsi nuovi, che servono a tenere l’istituto al passo coi tempi, e in ogni caso per noi sono figure fondamentali e grandi professionisti che sono stati e continuano a essere una grande risorsa. Il nostro settore è in un momento di sofferenza e non bisogna dividersi ma unirsi”.

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La precisazione

In merito al vostro articolo “Formazione artistica e musicale. Co.co.co. vietati, si fermano i corsi”, del 28 novembre 2019, a firma di Claudio Zagara, mi preme fare delle precisazioni: non ho mai utilizzato il termine “focolaio”, per descrivere lo stato di agitazione manifestato da alcuni lavoratori dell’Accademia di Belle Arti Palermo, bensì di un comitato spontaneo di lavoratori a contratto precari, dopo quello di Roma, che è stato uno stimolo per la formazione di altri comitati in tante altre città d’Italia; non ho mai parlato di contratti Co.co.co. in essere ma di docenti a contratto; di non aver parlato di “obbligo” ma di rapporti contrattuali da potersi costituire con l’Accademia, per i docenti in questione, esclusivamente mediante un contratto di lavoro autonomo professionale; infine non ho parlato di un compenso a lezione di 40 euro, bensì di un compenso orario al lordo delle ritenute di legge oltre Cassa di Previdenza ed IVA”.

Fabio Cirino

La redazione

Gentile Cirino, prendiamo atto delle sue precisazioni che chiariscono concetti probabilmente non illustrati in maniera altrettanto chiara al nostro cronista che si è limitato a riportare il contenuto della conversazione. Prendiamo atto quindi che i docenti non sono stati “obbligati”. Gli stessi docenti, però, ci hanno spiegato che quella era l’unica alternativa possibile. Ovviamente ci premureremo di sentirli nuovamente nei prossimi giorni. Per il resto, lei non ha usato la parola “focolaio”, e infatti questa si trova al di fuori del “virgolettato” che riporta le sue dichiarazioni. Troverà comunque il pezzo modificato secondo le sue nuove dichiarazioni, nell’attesa di approfondire nuovamente quei passaggi con i diretti interessati. La ringraziamo per il suo contributo. Cordiali saluti.

La precisazione

Gentile redazione, 
ringraziandovi per il vostro interessamento alle vicende inerenti al blocco dei corsi legati ai contratti di insegnamento a tempo determinato delle Accademie in tutta Italia, e dunque anche in quella di Palermo, crediamo necessarie alcune precisazioni, perché in un momento delicato come questo l’unico messaggio che realmente ci sta a cuore è trovare una soluzione.
Precisiamo che nessuno dei docenti a contratto (del coordinamento citato) ha mai indicato o detto quello che viene riportato nell’articolo relativamente a obblighi, compensi e che il problema sia partito da Palermo… Gli è stato detto da subito che il problema fosse nazionale. Come coordinamento ci teniamo a sottolineare che il nostro obiettivo è che finalmente il governo si accorga della situazione catastrofica in cui si ritrovano le Accademie; che siamo pronti ad accettare qualsiasi contratto tampone per sbloccare la situazione del blocco della didattica, ma che non ci fermeremo sino a quando non otterremo un tavolo di confronto con il MIUR per trovare una soluzione corretta e coerente del servizio che offriamo.
Sempre come precisazione, io Agnese Giglia, non ho mai affermato: “Senza contare che il contratto Cococo è atipico perché si è tenuti a lavorare praticamente come i docenti ordinari. Dopo la ‘scintilla’ partita da Palermo, quasi tutte le accademie hanno dato comunicazione che gli unici contratti attivabili erano quelli a partita Iva, cosa per alcuni di noi impossibile”. Frase che riporta inesattezze che danneggiano la nostra posizione, in cerca, come più volte ribadito, di una comune soluzione. Sarà nostra cura informarvi del prosieguo delle vicende, perché crediamo nel ruolo fondamentale di una corretta informazione”.
Coordinamento Docenti a Contratto ABA Palermo

La redazione

Prendiamo atto della precisazione che curiosamente arriva ad appena 67 ore di tempo dalla pubblicazione del pezzo citato. Il giornale ovviamente conferma pienamente quanto riportato nell’articolo, comprese le dichiarazioni. Abbiamo comunque deciso di pubblicare integralmente questa precisazione perché crediamo fermamente nel diritto di cambiare idea, per un motivo o per un altro.

 

Pubblicato il

28 Novembre 2019, 05:05

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