Formazione, alla Corte dei conti | va in scena il tutti contro tutti

di

24 Marzo 2015, 19:57

7 min di lettura

PALERMO – “L’assessore? Cosa poteva capirne, in fondo è solo un medico”. La politica dà la colpa alla burocrazia. I dirigenti puntano il dito contro gli assessori. Stamattina, di fronte alla Procura generale della Corte dei conti è andato in scena il “tutti contro tutti”. Il tema è quello spinosissimo degli extrabudget della Formazione professionale. Una vicenda che ha già portato in primo grado alla condanna dell’attuale segretario generale Patrizia Monterosso (a 1,3 milioni), dell’ex governatore Raffaele Lombardo (220 mila euro) e di un gruppo di ex assessori: Santi Formica (dovrà restituire 379 mila euro), Carmelo Incardona (830 mila euro), Luigi Gentile (224 mila euro). Condanna in primo grado anche per i dirigenti Alessandra Russo (378 mila euro), Maria Carmela Di Bartolo (474 mila euro), Salvatore di Francesca (108 mila euro) e l’ex dirigente del servizio Rendicontazione, Nino Emanuele (365 mila euro).

Il presunto danno all’erario, nello specifico, è legato all’abitudine di concedere negli anni, ad alcuni enti di Formazione, le cosiddette “integrazioni”. Somme che si aggiungevano a quelle previste inizialmente dal Piano dell’offerta formativa regionale. Quelle “integrazioni”, però, come ha sottolineato recentemente la Corte dei conti, sono illegittime. E hanno fatto scattare l’indagine dei magistrati contabili, culminata, come detto, nelle condanne a burocrati e amministratori. Stamattina la Procura ha chiesto la conferma di quelle condanne. Nonostante secondo i legali di molti degli accusati, il “danno erariale” non esisterebbe più. Le somme sarebbero infatti già rientrate alla Regione.

Per “evitare” il danno erariale, infatti, l’amministrazione regionale ha pensato allo strumento della compensazione. Gli enti che avevano ricevuto dall’assessorato, negli anni passati, le somme in “extrabudget” avrebbero dovuto restituire quei soldi anche attraverso il blocco dei finanziamenti dell’Avviso 20 o di altri, dei quali fossero destinatari. Uno strumento considerato “illegittimo” sia dall’Ufficio antifrode europeo, sia dalla sezione di controllo della Corte dei conti.

Oggi, in via Cordova, come detto, si è tenuta l’udienza sull’appello proposto dai “condannati” in primo grado. Una mattinata lunga e a tratti tesa. Soprattutto quando l’avvocato (e marito) di Patrizia Monterosso ha attaccato: “Non vorrei che qui qualcuno voglia una condanna punitiva e mediatica. Ci sono fatti inquietanti attorno a questa vicenda”. Un affondo che non è piaciuto al presidente della Corte, Agostino Basta: “Respingo ogni riferimento a possibili influenze esterne su questo procedimento”. Procedimento di cui si conoscerà l’esito tra un mese circa. Quando, cioè, la Procura generale della Corte dei conti depositerà la sentenza di appello che dovrà confermare, annullare o rimodulare quella di primo grado nei confronti della quale si sono opposti oggi politici e burocrati.

Molti dei quali (gli assessori Incardona e Gentile, la dirigenti Russo) erano presenti stamattina nell’Aula di via Cordova, accompagnati ovviamente dai legali. E la difesa di assessori e dirigenti ha seguito binari diversi. I primi, in particolare, hanno sottolineato come la responsabilità dell’eventuale danno all’erario sia da ascrivere ai dirigenti generali e ai dirigenti “semplici” che hanno curato l’istruttoria che porterà all’erogazione delle cosiddette “integrazioni”. Uno “scaricabarile” emerso in maniera evidente dagli interventi degli avvocati. I legali di Carmelo Incardona, cioè Luigi Matta e Giuseppe Cozzo, ad esempio, hanno ricordato come il decreto assessoriale con cui viene dato il via libera agli extrabudget fosse solo l’ultimo stadio di un iter avviato dall’ok degli Ispettorati del lavoro, al quale sono seguiti quelli dei vari dirigenti, fino al dirigente generale dell’epoca, cioè Alessandra Russo. “Nulla sapeva Incardona fino a quando l’atto non è arrivato sulla sua scrivania”, precisano gli avvocati. Che poi sottolineano come, in quei giorni, il capo di gabinetto dell’assessore rappresentasse una sorta di “garanzia” di professionalità: si tratta dell’attuale dirigente generale al Lavoro Anna Rosa Corsello. Lo stesso dirigente che, dopo aver ricevuto una nota-suggerimento da parte di un altro dei soggetti coinvolti, cioè l’attuale Segretario generale Patrizia Monterosso, ha avviato il discusso procedimento della “compensazione”. Cozzo, in particolare, ha precisato come le integrazioni fossero frutto del decreto del capodipartimento e ha chiesto la cosiddetta “esimente politica”. Insomma, l’assessore non c’entra. Anche perché non avrebbe avuto le competenze per verificare se, dal punto di vista tecnico, tutto fosse in ordine. E del resto, già prima di lui si era fatto così. Ai tempi di Santi Formica. Che, spiega l’avvocato Marcello Scurria, in fondo “non ha mai studiato Scienze politiche. È solo un medico. Ed è stato tirato per la giacca”. Tirato per la giacca, Santi Formica. Anche perché, ribadisce il suo avvocato, va fatta “distinzione tra atti politici e atti gestionali”.

Articoli Correlati

Dopo Formica e Incardona, alla Formazione ecco il breve interim di Lombardo che avrebbe preparato l’arrivo in assessorato di Luigi Gentile. “Un commercialista di provincia”, spiega il suo legale Gigi Rubino. “Il suo via libera – ribadisce – arriva dopo l’ok giunto da Lombardo e dal dirigente generale Monterosso. Perché mai Gentile avrebbe dovuto dubitare su quegli atti? Un principio, del resto, affermato anche nella recente sentenza che ha interessato l’attuale premier Matteo Renzi, in qualità di ex presidente della Provincia di Firenze. Mi rendo conto che Renzi è Renzi, però…”. Un richiamo anche in questo non gradito dalla Corte. Ma che ritornerà frequentemente. La sentenza della sezione giurisdizionale centrale di appello che ha “prosciolto” il presidente del Consiglio da un’accusa di danno all’erario proprio sulla base della distinzione dei due livelli: quello politico e quello dirigenziale. Per l’ex governatore Raffaele Lombardo la situazione sarebbe ancora più peculiare. Almeno secondo il suo legale, l’ex assessore (della giunta del presidente di Grammichele) Gaetano Armao: “Lombardo ha solo siglato un pro-memoria che accompagna il decreto del dirigente generale. Non c’è un decreto, né un atto di Lombardo. Né quel promemoria è mai stato citato nel decreto della dirigente Monterosso. L’organo politico, e in quel caso Lombardo reggeva ad interim 11 assessorati, non può che affidarsi alla burocrazia. È possibile mai che debba pagare 260 mila euro per una sigla apposta a un promemoria?”.

Insomma, al centro di buona parte di quelle accuse ruota, secondo la Procura (e anche secondo gli ex assessori) l’operato dei due dirigenti generali del tempo: Alessandra Russo e soprattutto Patrizia Monterosso. Lo ribadisce del resto la Corte quando parla di “ruolo preminente” in questa vicenda. Un ruolo tradotto nella richiesta di risarcimento: non a caso alla Monterosso la richiesta più “pesante”.

E durissima è stata l’arringa “difensiva” dei legali del segretario generale: gli avvocati Giovanni Immordino e Claudio Alongi (quest’ultimo è anche il merito della Monterosso). Se il primo infatti ha infatti spiegato che il recupero delle somme, avvenuto tramite la compensazione, ha di fatto “cancellato” il danno all’erario, il secondo ha usato torni molto forti, suscitando anche la reazione del presidente della Corte. “Mi chiedo – ha detto l’avvocato – se qualcuno vuole una sentenza punitiva o mediatica. Il giudice di primo grado si è limitato ad accogliere acriticamente le accuse della Procura. A quelle integrazioni in passato ha dato il via libera più di una volta, col suo visto, la sezione di Controllo della Corte dei conti. La compensazione – aggiunge – è un procedimento previsto dal diritto comunitario, norma di valore costituzionale”. Poi, l’altro sospetto: “Apprendiamo che un anomimo ha inviato una nota dell’Ufficio antifrode dell’Ue con la quale si ‘censura’ il ricorso alla compensazione. È un fatto inquietante che va al di là dei normali fattori legati al procedimento”. Per il legale di Alessandra Russo, Giuseppe Mazzarella ormai l’unico fatto da chiarire è se “la compensazione è legittima oppure no. Ma il danno erariale non esiste più. Siamo già in un altro processo”. Il danno non esiste più. Questa la tesi dei dirigenti. Anche di chi ha diretto in quegli anni uffici e servizi come ed i Maria Carmela Di Bartolo, Salvatore Di Francesca, Loredana Esposito (già assolta in primo grado, sentenza contro la quale si è appellata la Procura) e Nino Emanuele difesi dagli avvocati Maurizio Lino, Massimiliano Mangano, e Anna Mannone.

Tesi ancora una volta respinte dal procuratore Diana Calaciura: “Non è vero che la compensazione ha estinto il danno all’erario: contro quei recuperi ci sono stati diversi ricorsi e sono ancora pendenti. Quelle somme quindi non sono né recuperate, né certe. L’istituto stesso della compensazione – aggiunge – non è utilizzabile, come ha già sottolineato la sezione di controllo della Corte. In passato si è fatto così? Riferirsi a una prassi errata non è un valore, ma un disvalore”. Il pm contabile ha chiesto quindi la conferma di tutte le condanne. La sentenza è attesa tra circa un mese.

Pubblicato il

24 Marzo 2015, 19:57

Condividi sui social