26 Marzo 2018, 10:10
5 min di lettura
Riceviamo e pubblichiamo la lettera delle Associazioni della formazione professionale Cenfop e Forma. Il destinatario è l’assessore Roberto Lagalla:
Sarebbe facile iniziare questa nostra con una frase ad effetto come “mai più affari con la formazione professionale” ma questo, non le renderebbe il merito, che non deve essere messo in discussione, ossia avere affrontato il suo incarico con l’intento di ridare dignità al nostro lavoro e al settore nel suo complesso. Ma a volte la via dell’inferno è lastricata da buone intenzioni, e crediamo Assessore che sia il caso di dirci con franchezza qual è lo stato delle cose. In questi ultimi anni abbiamo assistito ad un cambiamento radicale del settore, non sempre in direzione del miglioramento. Abbiamo perso risorse umane, molte risorse economiche che sono state reinvestite in altre regioni, ma ciò che abbiamo perso più di ogni altra cosa è la credibilità del settore nei confronti della pubblica opinione.
A danno del nostro settore è stata fatta una campagna di marketing politico che denigrando il lavoro di tutti ha nascosto le incapacità e le inefficienze della burocrazia e della stessa politica. Si sono colpiti gli enti e i lavoratori stigmatizzandoli a simbolo dello spreco pubblico. Siamo stati decimati a colpi di scure con la stessa voglia di giustizialismo che le folle hanno nei confronti degli assassini. Ma questa voglia di sangue non ha prodotto utilità nello sviluppo della nostra società e nella nostra economia.
La mancanza di soluzioni per il reimpiego delle risorse umane fuoriuscite dalla formazione e la mancata creazione di posti di lavoro in altri settori che dessero opportunità lavorative ad altri soggetti con nuovi ingressi nel mondo del lavoro grazie alle economie ottenute dallo sfacelo della formazione, hanno soltanto ampliato la depressione economica già preoccupante in Sicilia aumentando il tasso di disoccupazione e povertà. Oggi ci troviamo all’alba di un nuovo giorno ed è necessario chiarire alcune cose che sono molto importanti. La formazione, Assessore, non è un settore in cui si può fare impresa. Le attività imprenditoriali sono altro da noi e la logica “del profitto e del guadagno” non può appartenere alla logica del servizio. Sappiamo che i soldi della comunità europea fanno gola a molti e che con quei soldi si accontentano molti appetiti. Ma questa non è formazione professionale. Abbiamo sentito parlare di voucher o altri sistemi che fungano da bypass agli enti per rendere più efficiente il settore, di agenzie regionali che eroghino direttamente il servizio pubblico di formazione. Bene assessore forse la frase più adatta per iniziare questa nostra è: “E’ possibile fare buona formazione senza fare macelleria sociale”. Assessore in Sicilia come in ogni altra regione del mondo la formazione ha un senso se esiste un tessuto produttivo che sappia chiedere formazione orientata al lavoro, se c’è una concertazione tra pubblico e privato che sappia amplificare con investimenti mirati l’effetto della spesa pubblica. Come vede assessore non è solo la disfunzione del sistema della formazione professionale che porta a rendere inefficace il denaro pubblico.
Ma passiamo all’idea del catalogo. Apprezziamo lo sforzo e come abbiamo avuto modo di dirle nelle infinite riunioni in cui ha avuto la cortesia di ascoltarci, siamo pronti ad affrontare insieme il percorso, certo non facile, della ripartenza nell’ottica della trasparenza e del rispetto delle regole. Ma a tutela della buona formazione è necessario fare alcune precisazioni. Alle polemiche e alle posizioni assunte da alcuni dei cosiddetti “enti nuovi ” che chiedono modifiche dei criteri e suggeriscono l’uso del ricavo, utile o introito con l’obiettivo di snaturare il sistema della formazione professionale con la scusa di aprire alla libera concorrenza, rispondiamo che non è possibile in uno stato di diritto avere la pretesa di orientare le scelte della pubblica amministrazione. Non si tratta della guerra tra vecchi e nuovi ma tra chi vuole applicare le regole e chi invece tenta di indirizzare Governo e deputati verso una interpretazione di parte. Uscendo dalla legge 24/76 si è superata la logica del consolidato, che nessuno al momento rivendica, ma non è detto che si debba entrare nella logica del profit. Fare formazione non è alla stessa stregua di gestire un’azienda che fa utili. Il servizio essenziale di formazione professionale è un servizio senza scopo di lucro. Attualmente esistono tre percorsi per accreditare le strutture che corrispondono alla verifica di abilità differenti: esiste l’obbligo scolastico e formativo ad oggi blindato a pochi enti che ne gestiscono il monopolio, la formazione per inoccupati e disoccupati e formazione permanente e la formazione autofinanziata, ossia i corsi a pagamento. Nessuna di queste esperienze può essere cumulabile perché è inerente ad ambiti differenti ed evita da parte della regione l’incauto affidamento a soggetti che non hanno dimostrato attendibilità nella gestione della cosa pubblica attraverso, per esempio, monitoraggi continui, controlli, rispetto dei Vademecum e del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, nonché delle rendicontazioni. Al di là delle polemiche passate che hanno infangato il lavoro di soggetti sani che hanno subito le illegalità del sistema al pari dei lavoratori e degli utenti, oggi fare prevalere la prepotenza di chi impone il fatturato o ricavato come termine di giudizio sull’operato equivale ad introdurre il principio del lucro in un settore che lucrativo non è, oltre a fare intendere che la Regione vuole agevolare e privilegiare chi ha capacità di guadagno piuttosto che capacità gestionali e organizzative già dimostrate nel rispetto delle regole di attività finanziate nel comparto di riferimento. La qualità della formazione è importante, per noi che facciamo questo mestiere come unico mestiere, è fonte e motivo di orgoglio ma anche di responsabilità nei confronti degli allievi e di tutto il personale che oggi si trova in situazione di licenziamento o sospensione. Ente di formazione non può essere chiunque, come scuola non può essere chiunque. Nella formazione professionale finanziata in particolare non può esserci finalità di lucro. Se poi qualcuno si ritiene imprenditore del settore può limitare la sua azione alle attività autofinanziate dove prevalgono logiche e regole differenti. Le rinnoviamo la nostra disponibilità a collaborare per consentire che riparta il sistema nel rispetto dei valori morali e delle norme vigenti. Fiduciosi Le auguriamo Buon lavoro.
Pubblicato il
26 Marzo 2018, 10:10