“Su Fragalà non dico fesserie”| Aspirante pentito alla prova dei pm

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13 Maggio 2017, 06:08

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PALERMO – I pubblici ministeri lo incalzano. In ballo non c’è solo la credibilità del dichiarante Antonino Siragusa, ma l’intera indagine sull’omicidio dell’avvocato Enzo Fragalà. Quando era già arrivato il via libera al processo “immediato”, sulla scena ha fatto irruzione Siragusa, contraddicendo le dichiarazioni di Francesco Chiarello. Chi dei due mente?

Siragusa cerca di convincere i pm Mazzocco e Malagoli: “Ci sto guadagnando solo che sto perdendo la dignità, ho fatto una scelta… ho perso la mia famiglia perché la mia famiglia con me non verrà mai, assolutamente, assolutissimamente… per voi sono fesserie io sono venuto qua oggi non per scansarmi il carcere, perché io il carcere non mi interessa niente…”.

Non vuole avere sulla coscienza il peso di quello che, a suo dire, è un errore giudiziario: “Sto vedendo che ci sono tre ragazzi che non c’entrano niente in carcere… cioè consumato io e pure tre persone che non c’entrano niente”. Pensa ai suoi familiari, non vuole ripetere l’errore commesso da altri: “Io ho perso a mio padre… con mio padre ci sono potuto stare massimo cinque anni perché tutto il tempo è stato in carcere (fino a quando non venne inghiottito dalla lupara bianca, ndr)… io spero che di Ingrassia e Abbate uno dei due si faccia pentito e vi racconti”.

Sono le due persone che Siragusa inguaia con le sue dichiarazioni. Dichiarazioni che vengono vagliate e in parte contestate durante l’interrogatorio del 2 maggio scorso. Ci sono passaggi in cui l’aspirante pentito si contraddice. Lo scooter usato per la spedizione punitiva di Fragalà prima è uno Scarabeo, poi diventa un Sh. Perché? “Boh, non lo so”, dice Siragusa.

Perché pestare Fragalà proprio sotto il suo studio, a pochi passi dal Palazzo di giustizia dove forte è il rischio di imbattersi in qualche uomo in divisa? “Io non ho contestato mai niente, pure se dovevo fare qualche cosa davanti alla polizia lo facevo ugualmente”.

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“Siamo stati io, Abbate e Ingrassia”, continua a ripetere Siragusa che però in un’intercettazione del 2010 faceva riferimento a “chiddu”, un soggetto che doveva portare “il coso di legno” utilizzato per pestare Fragalà. Eppure ora Siragusa sostiene di essersi occupato in prima persona di procurarsi una mazza: “C’è qualcuno che vi ha dato gli ordini e che vuole proteggere?”, gli chiedono i pm. La risposta non è convincente: “Io questa intercettazione non la capisco, il coso di legno lo sono andato a prendere io cu mi l’avia a purtari… allora non lo so se è trascritta giusta… l’ho sentito un milione di volte, non la capisco questa cosa”. I magistrati insistono. Lo mettono alla prova e lui attacca: “Non è che deve essere per forza come dice lei? Comunque siamo stati io, Abbate e Ingrassia, se ci vuole credere ci crede, se non mi vuole credere non mi crede, non ci posso fare niente non è che colpa mia”.

Altro dubbio: Siragusa scagiona Paolo Cocco che, però, senza sapere di essere intercettato “confessava” alla moglie: “Il compleanno non lo festeggeremo, ti giuro… le chiavi possono buttare”. Siragusa non ha dubbi: “È un cretino, un cretino patentato. Non lo so perché… non c’era… per farsi vedere da sua moglie”. Millantava, insomma.

E scagiona pure Arcuri, nei confronti del quale avrebbe avuto motivo di risentimento visto che aveva una relazione con la moglie: “Tre persone non c’entrano niente a me di loro non me ne frega niente… con Arcuri se l’avrei per le mani ci scippassi a testa per questo discorso dell’intercettazione di mia moglie… se c’era lui io lo dicevo a me che mi interessa di lui o di Cocco”.

E Chiarello che sostiene di avere accolto a casa sua, la sera del pestaggio, Castronovo ancora sporco di sangue? “È inverosimile una cosa del genere”. I dubbi sono tanti. E si lavora per stabilire chi mente fra Chiarello e Siragusa. 

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13 Maggio 2017, 06:08

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