Fragalà, i testimoni e i silenzi| Due donne inseguirono l’assassino

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21 Marzo 2017, 19:37

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PALERMO – “Le sommarie informazioni rese dai testimoni permettono di raccogliere elementi utili sulla ricostruzione del fatto”, lo dicono gli investigatori e lo scrive il giudice Fernando Sestito nell’ordinanza di arresto degli indagati dell’omicidio Fragalà.

Agli atti dell’inchiesta ci sono i verbali di una Palermo che non è rimasta in silenzio di fronte a un episodio di rara violenza. È vero, qualcuno avrebbe mentito negando di avere assistito all’aggressione. Altrettanto vero è, però, che qualcun altro si è lanciato all’inseguimento dell’aggressore del penalista, quell’uomo “alto un metro e ottantacinque, che indossava un giubbotto scuro, tipo bomber, e il casco con degli adesivi colorati”. I carabinieri lo hanno identificato in Francesco Castronovo, colui che si sarebbe scagliato con ferocia contro l’avvocato in via Nicolò Turrisi. Sulla descrizione fisica tutti concordano.

C’è chi ai militari del Nucleo investigativo ha ammesso le proprie debolezze: “C’era un uomo che bastonava una persona… mi sono fermato dietro il muro… spaventato da quello che stavo vedendo… impugnava un bastione di legno… ha iniziato a correre verso la scuola Turrisi, mi ha guardato intensamente… poi mi sono rivolto verso la persona a terra, tentava di alzarsi, perdeva sangue dalla testa e dal naso”. Ha avuto paura di fronte a quell’uomo armato con “un pezzo di legno, sembrava il piede di un tavolo”.

C’è chi ha negato senza invocare l’attenuante della paura – “non ho visto né l’aggressione, né il bastone, né la fuga – nonostante la telecamera di un negozio mostrasse “il suo sguardo rivolto verso la scena del delitto”. C’è chi era sceso per gettare la spazzatura e di fronte all’uomo vestito di nero che picchiava l’avvocato dice di essersi messo a urlare.

E c’è chi ha fatto più di altri. Sono due donne e si sono lanciate “all’inseguimento dell’aggressore”. “C’era un’altra ragazza che era vicino a me”, ha riferito una volontaria della Protezione civile. Non è stata una testimonianza farlocca con l’obiettivo di guadagnarsi la stima degli investigatori. A confermare l’episodio, infatti, è stato Francesco Chiarello, il pentito che contribuito in maniera decisiva all’indagine sfociata nei sei arresti. “Mio compare mi fa – il collaboratore riferisce ciò che avrebbe appreso da Castronovo – ‘c’era una signora che l’assicutò (lo inseguiva) e gli diceva cornuto”.

Grazie alle testimonianze si è potuta datare l’ora del pestaggio mortale, ricostruire la partecipazione degli uomini di vedetta “in sella a uno scooter di colore bianco” e scoprire che il picchiatore “ha buttato l’arma del delitto” che qualcun altro avrebbe recuperato per farla sparire.

 

 

 

 

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21 Marzo 2017, 19:37

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