05 Aprile 2019, 20:17
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PALERMO – Il giudice di Trapani che firmò l’ordinanza di custodia cautelare era territorialmente incompetente. Non poteva ordinare l’arresto di Francesco Cascio, ma doveva essere il Gip di Palermo ad occuparsene.
Il Tribunale del Riesame del capoluogo siciliano scarcera Cascio e il medico Antonino Di Giorgio con una decisione che piccona l’intero provvedimento cautelare. È scontato che uno dopo l’altro, man mano che faranno ricorso, torneranno liberi molti dei ventisette indagati. L’inchiesta ruota attorno all’esistenza di una loggia segreta capace di condizionare la politica e la burocrazia da Trapani a Palermo. Il centro nevralgico era Castelvetrano e ne avrebbero fatto parte massoni, politici e professionisti.
La mente dell’associazione a delinquere segreta sarebbe stato l’ex onorevole regionale di Forza Italia Giovanni Lo Sciuto. Cascio, pure lui ex deputato, era finito ai domiciliari per favoreggiamento perché avrebbe rivelato a Lo Sciuto l’esistenza dell’inchiesta trapanese, dopo averlo appreso da Giovannatonio Macchiarola, allora segretario del ministro dell’Interno Angelino Alfano.
Il Riesame di Palermo, presiedo da Antonia Pappalardo, ha accolto il ricorso del collegio difensivo di Cascio, composto dagli avvocati Enrico Sanseverino, Roberto Mangano e Vincenzo Maria Giacona. Non si conoscono le motivazione, ma è scontato che il problema della competenza nasca dal radicamento del procedimento nel luogo in cui è stato commesso il reato più grave. In questo caso si tratta di un presunto peculato contestato a Lo Sciuto per l’assunzione di un collaboratore al parlamento regionale. La questione è stata sollevata stamani dall’avvocato Roberto Tricoli, difensore del commercialista Gaspare Magro. Il peculato prevede una pena massima di 10 anni e mezzo, sei mesi in più della corruzione.
Lo Sciuto è considerato dai pm trapanesi l’uomo chiave del sistema corruttivo che condizionava la vita politica di Castelvetrano (piazzando assessore massoni in Comune) e quella amministrativa all’Inps di Trapani (controllando l’erogazione delle pensioni di invalidità grazie al medico dell’Istituto Rosario Orlando). Si indaga anche su nomine politiche e finanziamenti regionali.
Ora il ciclone dell’incompetenza si abbatte sull’intera inchiesta. Doveva essere il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo e non di Trapani a firmare l’ordinanza di custodia cautelare. Presto potrebbe esserci il “liberi tutti”. Il Riesame, infatti, si è preso 45 giorni per depositare le motivazione e ha trasmesso gli atti alla Procura di Trapani per le valutazioni sull’incompetenza. La giurisprudenza prevede che, anche in caso di incompetenza, il giudice della Libertà abbia il diritto-dovere di verificare la sussistenza della gravità degli indizi e mantenere la custodia cautelare in caso di eccezionali esigenze.
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05 Aprile 2019, 20:17