La decisione del Tar: “Frequentare| mafiosi non significa esserlo”

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11 Settembre 2010, 16:33

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La semplice frequentazione con un presunto mafioso non è motivo valido per considerare un’attività imprenditoriale (e il suo titolare) a rischio di infiltrazioni da parte di Cosa Nostra. Il principio, assai chiaro e importante, è stato chiarito dal Tar che, di fatto, ha dato torto alla Prefettura di Agrigento.

La questione ruota attorno alla figura di un imprenditore favarese, G.L. di 59 anni, titolare di un’attività di autotrasporto merci per conto terzi. L’imprenditore era stato destinatario di un provvedimento della prefettura di Agrigento in base al quale si ritenevano “emersi elementi che potrebbero determinare il pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata nella gestione dell’impresa”. Pertanto il titolare dell’azienda, per effetto della nota prefettizia, aveva subito la risoluzione di alcuni contratti in corso d’opera. Insomma, per la prefettura, l’azienda non aveva i requisiti per esibire il cosiddetto “certificato antimafia”. E questo ha comportato, come detto, immediate ricadute economiche sul titolare, che ha visto “dissolversi” molti contratti già stipulati.

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L’imprenditore favarese però non si è dato per vinto e, per vederci più chiaro, ha presentato una richiesta di accesso agli atti che lo riguardavano, ai sensi della legge sulla cosiddetta “trasparenza amministrativa”. Ma la Prefettura gli ha negato questo accesso ad alcuni degli atti richiesti. Il rifiuto ha spinto l’imprenditore a proporre un ricorso al Tar Sicilia, con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Calogero Marino, per ottenere un ordine di esibizione di tutti gli atti richiesti e l’annullamento, previa sospensione, dell’informativa prefettizia negativa. Il Tar in prima battuta, accogliendo le richieste degli avvocati, ha ordinato alla prefettura di Agrigento l’esibizione degli atti richiesti. Da questi atti posti risultava che l’impreditore era stato segnalato per alcune frequentazioni “sospette”.

Così, i legali dell’imprenditore hanno proposto motivi aggiunti di ricorso sostenendo che la mera frequentazione è irrilevante se non è connessa con le vicende dell’impresa ed escludendo pertanto qualsiasi pericolo di infiltrazione nella gestione dell’azienda del ricorrente. E il Tar, presidente Nicola Maisano, ritendendo fondati i motivi del ricorso, ha accolto la richiesta di sospensione dell’esecuzione dell’informativa prefettizia. Pertanto l’imprenditore favarese, in esecuzione dell’ordinanza del Tar, potrà chiedere la prosecuzione dei rapporti contrattuali risolti per effetto del provvedimento della Prefettura. Alla quale il tribunale amministrativo ha “tirato le orecchie”, sostenendo un principio di grande importanza in una terra “complicata” come quella siciliana: “La semplice frequentazione di personaggi ‘in odor di mafia’, non è motivo suffciente per ritenere ‘mafiosa’ un’azienda e il suo titolare”.

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11 Settembre 2010, 16:33

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