“Fuga di notizie dal tribunale” | Arresti e perquisizioni a Messina

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05 Luglio 2014, 10:26

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MESSINA –  – Accesso a dati riservati per agevolare le loro attività di indagini private. Un controllo sulla targa di un’auto o sul ‘profilo’ di una persona su cui fare accertamenti. Soprattutto in cause di separazioni coniugali. Sarebbero stati questi i favori chiesti all’interno del Palazzo di giustizia di Messina, in cambio di ‘regali’ come cellulari o soldi da due investigatori privati, Matteo Molonia e Antonio Brigandì, per la loro attività lavorativa. E’ quanto emergerebbe da un’inchiesta della Procura di Messina culminata con la concessione, da parte del Gip Maria Luisa Materia, degli arresti domiciliari ai due investigatori privati e a un ex sottufficiale della guardia di finanza, Francesco Giusti. Le ipotesi di reato contestate, a vario titolo, sono di abuso d’ufficio, peculato, rivelazione di segreti di ufficio e accesso abusivo al sistema informatico. Il provvedimento restrittivo è stato eseguito dai carabinieri.

A Molonia e Brigandì il sostituto procuratore Alessia Giorgianni contesta anche di avere svolto l’attività investigativa senza regolare licenza e all’ex maresciallo Giusti di non aver “distrutto” del pesce, che era provento di un sequestro, ma di averlo “scambiato” con il destinatario del provvedimento. Matteo Molonia, difeso dall’avvocato Filippo Mangiapane, sarà interrogato tra martedì e mercoledì prossimi. L’investigatore privato è una delle principali parti lese su un presunto caso di ‘malasanità’ nel Policlinico di Messina che si verificò il 26 agosto del 2010. L’uomo denunciò ai carabinieri che mentre sua moglie stava per partorire ci fu una lite tra due ginecologi che sarebbero stati tra loro in disaccordo su come e chi dovesse curarla. Lo scontro sarebbe stato tra il ginecologo di fiducia della donna, Antonio De Vivo, un assegnista universitario, e il medico di turno, Vincenzo Benedetto. L’ex primario del reparto di Ostetricia e Ginecologia del Policlinico di Messina, Domenico Granese e De Vivo, il 17 luglio del 2012, sono stati rinviati a giudizio per abuso d’ufficio. Il procedimento è ancora pendente.

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La paziente era l’allora 30enne Laura Salpietro, in pieno travaglio, che per delle complicazioni subì un’ isterectomia totale, l’asportazione dell’utero. Durante il parto il neonato ebbe due arresti cardiaci, e fu necessario ricoverarlo d’urgenza nel reparto di terapia intensiva della neonatologia.

(Fonte ANSA)

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05 Luglio 2014, 10:26

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