08 Gennaio 2015, 19:03
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PALERMO – La prescrizione cancella tutto o quasi. Spazza via la condanna per usura, ma non il risarcimento dei danni dovuto alle persone strozzate dai prestiti. La giustizia si conferma un mastodonte incapace, in alcune circostanze, di arrivare ad una conclusione.
Francesco Gatto, ex funzionario della dogana di Palermo accusato di estorsione e usura, evita una possibile condanna perché il tempo per processarlo è scaduto. E di tempo ne è passato parecchio visto che la sentenza di primo grado è del 2004. Allora Gatto era stato condannato a sette anni di carcere. Un anno in più aveva chiesto il procuratore generale. Alle otto partici civili, però, è stata riconosciuta una provvisionale da 15 mila euro ciascuno in attesa che il giudice civile stabilisca l’entità del danno. Si tratta di coloro che finirono nella rete di Gatto e dell’associazione Sos impresa, assistiti dagli avvocati Emilio Chiarenza, Ettore Barcellona, Fabio Lanfranca, Marco Manno, Fausto Amato e Giuseppe Piazza. Tra le vittime, anche l’ex assessore comunale al Bilancio, Emanuela Alaimo, la prima che lo accusò di usura e estorsione dopo avergli dato in dieci anni settecento mila euro che la donna si era fatta “prestare” per rilevare una tabaccheria.
Il processo era tornato in appello dopo che la corte di Cassazione aveva annullato con rinvio la sentenza di assoluzione di secondo grado che aveva fatto cadere tutte le ipotesi di usura sulla base di una perizia disposta dalla stessa Corte. Le ipotesi di estorsione erano già venute meno nel processo di primo grado. Sui beni milionari dell’imputato in passato si era, comunque, abbattuta la scure della confisca della sezione Misure di prevenzione del Tribunale. Nella sua abitazione i finanzieri trovarono titoli di credito in bianco e scritture private di compravendita di immobili firmate preventivamente dalle vittime. Secondo gli inquirenti, al momento di concedere i prestiti Gatto avrebbe preteso dai suoi debitori garanzie immobiliari che poi sfruttava in caso di insolvenza. Attraverso questi meccanismi sarebbe divenuto proprietario di numerosi immobili.
Alcuni mesi fa Gatto fu assolto in un altro processo. Gli agenti erano andati a suonare al citofono di casa. In piena notte. Per verificare se Francesco Gatto, come previsto dalle misure di prevenzione, rispettasse l’obbligo di dormire nel suo appartamento. In casa non c’era nessuno. O almeno così sembrava, visto che Gatto non poteva sentire il suono del citofono. È affetto da una grave sordità bilaterale. E così il giudice per l’udienza preliminare lo mandò assolto. Il certificato medico presentato dagli avvocati Vincenzo Lo Re, Marcello Consiglio e Maurizio Cicero, gli stessi che lo assistevano nel processo principale, non lasciava spazio a dubbio alcuno. Del resto, per evitare di incappare in nuovi guai giudiziari Gatto aveva fatto montare sul portone più che un citofono un campanaccio.
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08 Gennaio 2015, 19:03