24 Luglio 2009, 16:41
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Il sostituto procuratore di Palermo Roberto Scarpinato, che dirige il dipartimento “mafia-economia” alla Dda, ha lanciato stamane, durante la conferenza stampa per il sequesto di beni da 200 milioni ai danni di Francesco Pecora, un accorato appello ai vertici di Confindustria Sicilia perché “allontanino quella parte di imprenditoria che impedisce un mercato di libera concorrenza e che, purtroppo, continua ad imperare liberamente a Palermo”. Secondo Scarpinato, infatti, alla pur lodevole “fase 1” in cui Sicindustria “ha preso una posizione netta nei confronti degli imprenditori che pagano il pizzo, adesso bisogna passare alla fase 2. Ci sono troppi imprenditori che hanno occupato fette di mercato e che continuano a farlo”. Scarpinato si scaglia contro “un certo tipo di imprenditoria che in passato non ha respinto le avances della criminalità”. E ha concluso: “Mentre noi aggiustiamo il passato ci vuole qualcuno che aggiusti il presente, perché c’è ancora un dominio mafioso e para-mafioso che impera a Palermo”.
Un appello raccolto subito dal presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello, impegnato in un convegno organizzato da Unicredit. “Sono totalmente d’accordo con Scarpinato – ha detto – il nostro codice etico è durissimo sulle collusioni delle imprese con le cosche mafiose. E’ molto peggio che pagare il pizzo, qui si parla di imprese complici. Uno degli strumenti più efficaci di controllo del territorio da parte della mafia è proprio la limitazione della concorrenza e la regolazione del mercato. La mafia le mette in atto in complicità con molte imprese”. E ha chiuso dicendo: “le imprese devono stare sul mercato, competere liberamente e non costruire cartelli garantiti dalla violenza della mafia”.
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24 Luglio 2009, 16:41