28 Settembre 2016, 05:05
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PALERMO – Furono accusati di avere rubato una mucca a uno dei presunti affiliati della famiglia mafiosa di Chiusa Sclafani. Non erano stati loro, ma quattro operai della forestale misero lo stesso mano al portafogli. Mille euro ciascuno per evitare guai.
Il furto era stato subito da Pietro Vaccaro che gestì la richiesta di risarcimento senza dire nulla al suo referente mafioso, Pietro Paolo Masaracchia. Che quando lo seppe diede disposizioni a Vincenzo Pellitteri, pure lui arrestato nei mesi scorsi: “Questa grana della vacca indietro devono tornare”. Anche il figlio di Pellitteri era a conoscenza della faccenda: “Mio padre deve capire quei quattro mila euro dove sono andati a finire” .
Alla luce delle intercettazioni i quattro operai furono convocati dai carabinieri. Uno di loro raccontò che Bernardo Saporito, altro presunto allevatore affiliato al clan, gli diede appuntamento a Corleone. E da qui raggiunsero un luogo appartato a bordo della Ford Focus di Saporito, dove fu mossa la contestazione ufficiale: avevano rubato la mucca di Vaccaro e se l’erano mangiata. L’operaio si fece portavoce della rimostranza con i colleghi. Bisognava raccogliere, e in fretta, i soldi.
“Pur non essendoci appropriati del bovino in questione – hanno messo a verbale una volta che gli investigatori gli hanno mostrato le intercettazioni – abbiamo deciso di versare tale somma di denaro, evitando al contempo che altri operai della forestale appartenenti alla nostra squadra e in una situazione economica più disagiata della nostra potessero essere coinvolti, al fine di evitare discussioni e per la tranquillità delle nostre famiglie…”.
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28 Settembre 2016, 05:05