Gabrielli: “Non erano eroi per caso” | Lorefice: “Martiri della giustizia”

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19 Luglio 2018, 20:23

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PALERMO – La polizia ha ricordato nel pomeriggio le vittime della strage di via D’Amelio: il magistrato Paolo Borsellino, gli assistenti e gli agenti Agostino Catalano, Eddie Walter Cosina, Vincenzi Li Muli, Claudio Traina e Emanuela Loi. Prima il sottosegretario dell’Interno Stefano Candiani e il prefetto Franco Gabrielli hanno deposto una corona d’alloro sulla lapide che ricorda le vittime delle stragi di Capaci e via D’Amelio. Poi si è tenuta la messa celebrata dall’Arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice. Alle manifestazioni hanno preso parte le autorità cittadine e i parenti delle vittime. Tra gli altri, presente anche Manfredi Borsellino che ha portato con se il figlio.

Prima della funzione religiosa il capo della polizia, Franco Gabrielli ha ricordato l’impegno dei poliziotti morti per combattere la mafia. “A volte ci sono degli eroi per caso. – dice – Invece, i colleghi che avevano la responsabilità della tutela del giudice Falcone, e più ancora quelli che avevano la responsabilità del giudice Borsellino, sapevano benissimo di essere al centro del mirino. Malgrado ciò – ha proseguito Gabrielli – questi ragazzi hanno fatto il loro dovere senza nascondersi. Senza sfuggire dal loro incarico magari con un cambio turno o con qualche, pur comprensibile, permesso per malattia. Ci hanno, così, lasciato una grande eredità di passione”.

Poi parla dell’ultima sentenza del complesso iter giudiziario sulla Strage di via D’Amelio. “Queste vicende dolorose – ha continuato riprendendo quanto detto prima – ci lasciano una eredità positiva. Ma gli ultimi sviluppi investigativi lasciano posto all’amarezza. – e continua – Il solo pensiero che abbiano provato a deturpare la verità depistando le indagini offende non solo per i parenti delle vittime ma pure per chi veste una divisa. Per questo siamo più che mai interessati a conoscere la verità e ad agevolarne la ricerca”.

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Durante la messa, il vescovo di Palermo ha riflettuto sulla figura di Paolo Borsellino come martire della giustizia ma, al contempo come martire della fede. “Legalità e giustizia sono rispettivamente il viso e il cuore del giudice Borsellino. – ha detto nell’omelia Lorefice – Il volto riflette ciò che emana il cuore. Borsellino e gli splendidi uomini della scorta sono martiri della giustizia. L’intreccio armonioso di legalità e giustizia impersonato da Borsellino ha intenzionalità di fede. Egli aveva – ha proseguito –un cuore irrorato da una solidità interiore sostenuta da una fede molto forte ed essenziale”.

Il vescovo fa propria nella omelia una parte del discorso che Paolo Borsellino fece nella biblioteca comunale di Casa Professa, quello che Lorefice dice essere il testamento spirituale di Borsellino e degli agenti della scorta. “La lotta alla mafia non doveva essere solo un’opera distaccata di repressione ma un movimento culturale che coinvolgesse tutti. E specialmente le giovani generazioni, le più adatte proprio perché meno appesantite dai condizionamenti e dai ragionamenti utilitaristici che fanno accettare la convivenza con male. Le più adatte a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, del’indifferenza e della contiguità e quindi della complicità”.

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19 Luglio 2018, 20:23

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