28 Settembre 2016, 18:47
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PALERMO – Carmelo Gariffo, 58 anni, di cui tredici trascorsi in carcere. Era il postino dello zio Bernardo Provenzano. Il numero “123” dei pizzini del padrino corleonese che gli agenti della Squadra mobile stanarono anche seguendo il nipote. Dai ieri è di nuovo in cella. Avrebbe tentato di riprendersi il potere, scontrandosi con il capo mandamento Rosario Lo Bue e con il figlio Leoluca.
Dopo avere finito di scontare l’ultima condanna Gariffo era tornato in libertà. Per dare alla sua vita una parvenza di normalità gli serviva un lavoro. Antonino Di Marco, impiegato comunale e presunto affiliato al clan mafioso, si prodigò per trovargli un impiego come piastrellista in un cantiere appaltato dall’amministrazione comunale.
Nel maggio del 2014 i carabinieri del Gruppo di Monreale, guidati da Pietro Sutera, e del Nucleo investigativo agli ordini del maggiore Mauro Carrozzo, intercettarono una conversazione fra Di Marco e l’allora assessore ai Lavori pubblici Ciro Schirò. Schirò faceva intuire di avere parlato con il sindaco Lea Savona a cui avrebbe detto: ” … vedi che la pratica ce l’hai tu sul tavolino perché l’assistente sociale ha fatto tutte cose… non mi ha dato risposta”. Quella volta il sindaco si rivolse ai carabinieri, ma non bastò per arrivare al successivo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose.
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28 Settembre 2016, 18:47