12 Gennaio 2017, 11:49
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PALERMO – Ai dipendenti la notizia è giunta in una mail inviata da un dirigente dell’ente: “Da qualche ora abbiamo appreso che il nostro legale rappresentante è stato raggiunto da un provvedimento di custodia cautelare”. L’ente è l’Anfe. Il legale rappresentante è Paolo Genco, un re della Formazione professionale siciliana. Originario di Salemi, nel Trapanese, Genco ha finora guidato l’unico vero “colosso” rimasto in piedi dopo i cicloni giudiziari che hanno, ad esempio, smantellato il “sistema Genovese”. Potente, da sempre gradito alla politica che ne ha preso le difese pubblicamente anche negli ultimi mesi, Genco non era mai, in tanti anni, stato sfiorato dalle inchieste. Fino a oggi.
Genco fa da anni rima con “Anfe”. Uno dei giganti di un settore martoriato dalle indagini e dalle scelte politiche. Ma quell’ente, con sedi e corsi in tutta la Sicilia, riusciva ad assicurarsi, in occasioni dei veri Piano dell’offerta formativo o negli Avvisi finanziati con i fondi europei qualcosa come 15, 20 milioni di euro l’anno, tra corsi “classici” e quelli destinati ai giovanissimi. Sarebbero proprio questi finanziamenti europei a essere al centro dell’inchiesta che lo ha portato oggi ai domiciliari.
Non aveva preso bene, Genco, invece, l’ultima graduatoria della formazione. Un elenco provvisorio di finanziamenti che aveva quasi estromesso il suo ente dai finanziamenti. Un rabbia che trovò voce persino all’Ars, dove alcuni deputati, soprattutto dell’area riferibile al Nuovo centrodestra di Angelino Alfano, avevano preso le difese nei confronti di Genco e del suo ente “storico”. Un ente in grado di dare lavoro a circa 700 dipendenti.
Genco, comunque, aveva ultimamente fatto il pieno altrove. Nei corsi cosiddetti “Oif”, quelli dell’Obbligo formativo: si tratta cioè dei corsi destinati ai ragazzi in età molto giovane, e nati per contrastare la dispersione scolastica. L’Anfe entra anche nei contributi di Garanzia Giovani e punta anche ai finanziamenti per i cosiddetti “ex sportelli multifunzionali”.
A capo della potente associazione “Forma Sicilia”, che raggruppa molti enti storici del mondo della Formazione, Genco si era fatto spesso sentire. E negli ultimi mesi sembrava apprezzare, almeno fino alla redazione dell’ultima graduatoria provvisoria dell’Avviso 8, il “nuovo corso” dell’assessorato alla Formazione iniziato da Bruno Marziano: “E’ fuor di dubbio e sotto gli occhi di tutti, – disse un anno fa – che l’operato del nuovo vertice dell’Assessorato Regionale Istruzione e Formazione si stia muovendo seguendo una strada che negli ultimi anni nessuno dei predecessori aveva percorso o anche solo mostrato di voler considerare e cioè la messa in campo di tutti gli strumenti possibili per fronteggiare l’emergenza dettata dalla crisi economica e, nel contempo, garantire la tenuta del sistema nel suo complesso. Ben venga, quindi, l’inversione di rotta che l’attuale Amministrazione ha approntato e che dimostra di voler perseguire”.
È naufragato, invece, poco prima di partire, un grande progetto di Genco. Quello di entrare nell’ente Cerf, un mega-consorzio che è riuscito, al termine di una vicenda assai complessa e controversa, ad assicurarsi i corsi e i finanziamenti di un altro gigante decaduto come il Cefop: un affare da circa 16 milioni di euro l’anno. Genco dapprima entra nella cordata, di cui fanno parte anche manager extrasiculi. Poi rompe con loro, nonostante condivida col consorzio la “residenza”: quei locali nel grosso edificio di Via delle Ferrovie, a Palermo.
È quello il quartier generale di Genco. Il suo regno. Un regno oggi messo in pericolo dall’operazione della guardia di finanza. Un regno in tutti i sensi. Pochi mesi fa, così raccontava il mensile “S” gli “affari di famiglia” nella Formazione siciliana, un affare miliardario su cui spesso la politica ha costruito campagne elettorali. “Cosa c’è di strano?” chiedeva Genco al cronista che chideva come mai nell’ente Anfe trovassero lavoro due figlie, un cognato, il fratello di quest’ultimo e un paio di nipoti. “Non capisco dove stia la notizia”, replicava Genco. Che oggi, in attesa che le accuse vengano confermate o smentite dai procedimenti giudiziari, vede il suo impero vacillare.
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12 Gennaio 2017, 11:49