15 Luglio 2016, 14:23
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Omicidio, ma senza l’aggravante della premeditazione. Con questa accusa il pubblico ministero Maurizio Bonaccorso aveva chiesto la condanna a 21 anni e 2 mesi di carcere per la donna.
Secondo la Procura, la donna era nel pieno delle sue facoltà mentali quel tragico giorno di novembre del 2014. Sul punto, però, c’è stato uno scontro fra periti. Quelli chiamati in causa dalla Corte d’assise – Francesco Bruno e Maria Pia De Giovanni – avevano sostenuto che Valentina Pilato non era in grado di intendere e volere. Si liberò della piccola come si fa di “un oggetto pericoloso che la mente della madre si rifiuta di considerare un figlio”. Una tesi in linea con quella del perito della pilato, difesa dagli avvocati Enrico Tignini (nella foto) e Dario Falzone.
Di diverso avviso i consulenti del gip, secondo i quali l’imputata, malgrado avesse un disturbo di adattamento, era lucida. Nei mesi scorsi a Valentina Pilato il Tribunale del Riesame aveva concesso gli arresti domiciliari sulla scia di quanto stabilito dalla Cassazione. Secondo i supremi giudici il carcere, chiesto e ottenuto dalla Procura a distanza di 5 mesi dal fatto, non sarebbe stata la misura adeguata. Inizialmente i pm avevano contestato alla giovane mamma il reato di infanticidio, l’imputazione, però, è stata modificata in omicidio volontario
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15 Luglio 2016, 14:23