Mafia a Enna, torna libero il boss Giancarlo Amaradio - Live Sicilia

Mafia a Enna, torna libero il boss Giancarlo Amaradio

Condannato al processo Green Line, ha scontato la sua pena: fu lui a prendere le redini del capomafia Gaetano Leonardo, detto “Tano u liuni”

Enna. Ha lasciato il carcere ed è tornato in città, nella sua Enna. Il mafioso Giancarlo Amaradio, che a metà anni Duemila fu incoronato boss dell’unico clan “pseudo-mandamentale” della provincia ennese, oggi è un uomo libero. Condannato in passato al processo Parafulmine, più di recente ha subito una pesante condanna nell’ambito dell’inchiesta Green Line, condotta dalla Squadra Mobile di Enna e dal Commissariato di Leonforte, sotto il coordinamento della Dda. È stato detenuto per oltre due lustri.

Nel frattempo Cosa Nostra è cambiata parecchio da quando lo hanno arrestato, soprattutto a Enna, dove il suo clan ormai conta quanto il due di briscola, dopo esser stato letteralmente detronizzato dai Santapaola-Ercolano. I catanesi comandano qui direttamente o per interposta persona avendo trasformato, di fatto, quello che un tempo era il “feudo di Giuseppe Madonia”, così ebbe a dire a un suo picciotto proprio il vecchio “zio Piddu” negli anni ‘80, in una ramificazione dei clan di Catania.

Nel territorio, peraltro, non c’è più neanche lo stesso capo che c’era ai tempi di Amaradio, ovvero “il vecchio” Salvatore Seminara, detto “zio Turiddu”, quell’anziano pastore (imposto dal defunto boss di Caltagirone Francesco La Rocca) che in realtà, Amaradio, non è che lo apprezzasse particolarmente, tant’è che negli annali rimarrà un solo incontro documentato tra i due, in un bar-ristorante di Pergusa, che non produsse poi chissà quali dinamiche associative. Oggi i referenti provinciali dei Santapaola sono di Pietraperzia, entrambi detenuti, e sarebbero, secondo i carabinieri del Ros, i fratelli Giovanni e Vincenzo Monachino.

Un clan “pseudo-mandamentale”, si diceva, era stata la cosca di Enna al tempo del boss Gaetano Leonardo, pluripregiudicato e ergastolano noto negli ambienti con il soprannome di “Tano u liuni”; “padrino”, mafiosamente parlando, di Amaradio. Nell’unica provincia siciliana dove Cosa Nostra non ha mai creato mandamenti ma solo clan (cinque per l’esattezza nella storica, ormai anacronistica, ricostruzione dei primi pentiti ennesi risalente al ‘92), la cosca del “leone” aveva referenti in numerosi comuni, da Leonforte a Nicosia, passando per Catenanuova, Assoro, Agira e altri paesi ancora. Poi però come detto Leonardo finì in cella nel 2001 e da allora è detenuto senza soluzione di continuità. Questo ha consentito a giovani emergenti di imporre la propria presenza e anche a gruppi autonomi di affermarsi nei loro centri.

Il “battesimo” di Amaradio avvenne per opera di Gaetano Leonardo, questo già lo si è detto, in un periodo in cui quest’ultimo si trovava al soggiorno obbligato a Sant’Alessio Siculo, splendida località balneare del Messinese. Poi “Giancarluzzu”, come si sarebbe presentato ad alcune vittime del pizzo, tentò di portare avanti gli affari della famiglia di Enna e di gestire sacche di potere. Un potere ormai effimero che toccò il punto più basso dopo il 2008, quando il clan Cappello si impose a Catenanuova a suon di delitti “eccellenti”, spazzando via quel che restava di Cosa Nostra ennese e facendo capire a tutti che sul piano militare, proprio, non c’era partita.


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