Dal Teatro Massimo a Cosa nostra| "Sono pentito, voglio collaborare" - Live Sicilia

Dal Teatro Massimo a Cosa nostra| “Sono pentito, voglio collaborare”

Alfredo Giordano, ex direttore di sala del Teatro Massimo

A undici mesi dall'arresto l'ex direttore di sala inizia a parlare con i magistrati di Palermo.

PALERMO – “Sono pentito e intendo collaborare con la giustizia”, dice Alfredo Giordano al pubblico ministero Sergio Demontis. È il 23 novembre scorso, l’ex direttore di sala del Teatro Massimo di Palermo inizia a raccontare la sua storia di mafia, otto mesi dopo essere finito in carcere insieme ad altre sessanta persone.

“Un insospettabile consapevolmente inserito nel potente clan di Santa Maria di Gesù”, lo definirono i magistrati e i carabinieri. “Non sono un mafioso”, disse lui nel corso dell’interrogatorio. Intercettato dalle microspie si vantava di aver conosciuto i vecchi padrini di Cosa nostra e di essere legato ai nuovi boss. “Era uno scherzo, a me la mafia fa schifo”, provò a difendersi. Insomma, millanterie di un uomo che tentava di accreditarsi agli occhi di chi comandava nella speranza di ottenere il loro aiuto per recuperare un credito di 120 mila euro: “Mi rendo conto di avere con la mia condotta mafiosa, di cui mi pento, dato adito ai miei coimputati di credere che fossi uno di loro, tanto che parlavano in mia presenza di fatti di mafia proprio perché si fidavano di me”.

Al momento Giordano è solo un dichiarante. Forse non ha resistito al peso della vita carceraria, abituato com’era, da direttore di sala di un importante teatro – la Fondazione lo sospese dopo l’arresto – ad avere a che fare con ospiti illustri. I suoi verbali sono ormai pubblici perché depositati al processo che sta iniziare contro i presunti affiliati mandamento mafioso palermitano.

Tre verbali, l’ultimo è di pochi giorni fa, in cui si parla anche di latitanti, campagna elettorale e di un personaggio misterioso che “in Tribunale” avrebbe potuto dare una mano ai boss per riavere i beni sequestrati. La sua identità, in realtà, non è affatto misteriosa per gli inquirenti ai quali Giordano ha fatto nome e cognome.

 


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