05 Ottobre 2013, 19:24
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PALERMO – Ha trasferito i suoi beni in un fondo patrimoniale. Un’iniziativa che, in caso di condanna definitiva, impedirebbe allo Stato di battere cassa per il risarcimento del danno erariale che avrebbe provocato. La Procura regionale della Corte dei conti se n’è accorta e ha chiesto subito che l’operazione finanziaria di Giovanni Avanti venga “bloccata” in attesa che il processo faccia il suo corso.
L’ex presidente della Provincia di Palermo, infatti, è stato condannato in primo grado. Dunque, la sentenza può essere ribaltata in appello. Per la costituzione del fondo dove ha fatto confluire alcuni immobili e terreni ubicati a Palermo e provincia, Avanti è stato appena citato in giudizio. La causa per quella che tecnicamente viene definita “azione revocatoria” si svolgerà il il 29 gennaio 2014. Dopo la condanna di primo grado, su delega dei pm contabili, sono partiti gli accertamenti del Nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza.
Avanti replica che “la costituzione del fondo, voluto per ragioni strettamente private e familiari, è avvenuta a novembre 2012 e cioè ben prima della condanna (che è del maggio scorso ndr), quando erano ancora in corso le udienze”. Come dire, nessuna manovra per evitare la possibile aggressione del suo patrimonio. La condanna di primo grado, appellata dall’ex presidente, riguarda gli incarichi e le nomine di esterni, tutti per chiamata diretta, costati un milione di euro alle casse della Provincia di Palermo e bollati come illegittimi dalla Corte dei Conti. Da qui, la condanna a restituire il denaro di tasca propria inflitta all’ex numero uno dell’amministrazione di Palazzo Comitini.
L’indagine contabile si è concentrata sulle dieci assunzioni alla segretaria particolare del presidente decise tra il 2008 e il 2009. A beneficiarne sono sempre stati soggetti esterni all’amministrazione: Giuseppe Notaro, Riccardo Sanlorenzo, Marcella Santoro, Serena Guiglia, Giovanni Sammartino, Sabrina Lo Conte, Marta Cusimano, Giacomo Campanella, Renata Poli e Federica Pezzano.
A fare le pulci ai conti della Provincia di Palermo è stata la Procura regionale della Corte dei Conti. Secondo il pubblico ministero Gianluca Albo, tutte le nomine, tranne quella di Notaro a capo della segreteria, non potevano essere fatte. Il regolamento prevede, infatti, che si attinga dal personale interno. Gli incarichi sono stati definiti dall’accusa “seriali, generici e privi di qualsiasi giustificazione idonea ad impegnare le risorse necessarie per retribuire i soggetti esterni”. Le nomine e le successive proroghe non sarebbero state precedute da una concreta verifica di utilità. L’oggetto dell’incarico, secondo il pm, era “evanescente”. Da qui la contestazione per una “condotta gravemente colposa, in quanto contraria alle regole di buon senso gestionale, e ai principi di efficacia ed economicità della pubblica amministrazione”.
L’ex presidente della Provincia si è sempre difeso sostenendo che i dieci assunti erano solo formalmente destinati alla sua segreteria, ma di fatto erano stati utilizzati dai vari assessori per attuare il programma politico-amministrativo. Ed ancora, la costituzione dell’ufficio di segreteria e le relative assunzioni di esterni erano previste da un regolamento della Giunta. In primo grado le sue giustificazione non sono state ritenute convincenti. In appello si vedrà.
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05 Ottobre 2013, 19:24