Giunta, allargamento in vista| Ma Orlando tiene alla larga i partiti - Live Sicilia

Giunta, allargamento in vista| Ma Orlando tiene alla larga i partiti

Il primo cittadino potrebbe portare in giunta almeno tre nomi nuovi. Gli scenari.

PALERMO – Tre assessori nuovi di zecca, forse anche qualcuno in più, ma nessuno proveniente dai partiti e porte chiuse in faccia a chi pretende poltrone e posizioni di comando. Dopo mesi di indugi e mezzi annunci, sembra che siano maturi i tempi per un allargamento della giunta comunale guidata da Leoluca Orlando. Il sindaco di Palermo ci starebbe seriamente pensando, complici anche i problemi che a Palazzo delle Aquile sono ormai all’ordine del giorno, ma la partita si incrocia inevitabilmente con la politica nazionale che da questa estate, tra il nuovo governo e la scissione renziana, è in continua evoluzione.

In realtà Orlando è abituato a fare storia a sé ed è difficilmente disponibile a farsi condizionare dalle beghe di partito o da chi chiede posti in giunta. Un atteggiamento che ha fatto di Palermo una sorta di enclave della politica in cui le dinamiche seguono percorsi diversi e dove i partiti, complici anche le leggi elettorali, contano sempre meno che altrove. Non è un caso che nell’ultimo rimpasto, datato marzo scorso, il sindaco abbia concesso alle forze politiche appena tre poltrone su otto tenendo per sé perfino la carica di vice, assegnata al fedelissimo Fabio Giambrone, o che ai partiti siano andati i vertici di aziende problematiche come Rap, Amat e Amg (quest’ultima alle prese con una città al buio), mentre rimangono nell’orbita del Professore poltrone più “comode” come quelle di Sispi, Amap, Gesap o del Teatro Massimo.

Ma anche l’attuale giunta non sembra soddisfare pienamente il sindaco: troppe poche otto persone, di cui alcune con troppe deleghe, che devono peraltro fare i conti con una struttura burocratica in grande affanno. E dire che le emergenze non mancano: dai rifiuti al deficit strutturale, dall’incapacità di riscuotere le tasse ai grandi cantieri fermi, fino alle strade sporche. La nuova legge regionale, modificata qualche mese fa, consente un allargamento della giunta da otto a 11 assessori, il che significherebbe tre poltrone nuove di zecca, anche se finora il Professore si è ben guardato dal procedere a un allargamento, consapevole che risveglierebbe di colpo le pretese di partiti e candidati.

I tempi però sembrano ormai maturi e c’è chi è pronto a scommettere che entro l’anno, forse addirittura prima, la giunta verrà allargata e forse ci potrebbe essere spazio anche per qualche altro ritocco, dal momento che qualche assessore accusa una certa stanchezza. Di certo c’è che i posti immediatamente disponibili sarebbero tre: da mesi si vocifera della possibilità di un ripescaggio di Sergio Marino ed Emilio Arcuri, i grande esclusi dal rimpasto dello scorso marzo, ma le loro quotazioni oscillano e un eventuale ritorno dovrebbe rientrare in un ragionamento molto più complesso.

Un punto sembra però certo: il sindaco non è disposto a farsi imporre niente da nessuno, né a cedere alle richieste. “Più glielo chiedono, più lui fa orecchie da mercante”, dice a taccuini chiusi un orlandiano di ferro. Un messaggio indirizzato proprio ai partiti che vivono momenti di grande fibrillazione visto quello che sta succedendo a Roma, i cui effetti non tarderanno a manifestarsi anche a livello locale. Il punto non è tanto il nuovo governo, visto che un dialogo tra Orlando e i grillini non pare all’ordine del giorno, quanto la scissione di Matteo Renzi.

Il sindaco, pur avendo in tasca la tessera del Partito Democratico, in questi mesi ha preferito tenersi alla larga dalle primarie nazionali e regionali, restando fuori dagli scontri fra correnti, anche se nelle ultime settimane è stato visto più volto dalle parti del Nazareno in occasione di alcuni incontri voluti da Zingaretti con sindaci e amministratori del Pd. Un ritrovato feeling che molti spiegano non tanto con la voglia di Orlando di partecipare alla vita del partito, quanto con la necessità che la sua amministrazione avvii un dialogo con l’attuale governo nazionale, visti i rapporti poco amichevoli intrattenuti col precedente (basti citare gli screzi con Conte e quelli con Salvini).

Un dialogo che, come detto, il sindaco ha avviato direttamente con i vertici nazionali del partito e non con quelli locali, a riprova della distanza che ha deciso di mantenere con un Pd siciliano commissariato e che ha vissuto un travaglio interno ben prima dell’addio di Renzi. Una situazione di confusione a cui si aggiunge l’elemento renziano: il sindaco è stato confermato tra i relatori della scuola politica organizzata da Davide Faraone a Terrasini a inizio ottobre, a cui dovrebbe partecipare anche Renzi in persona. Una delle prime uscite ufficiali della nuova formazione politica ex Pd. “Ma lui andrà lì come sindaco e non come politico, peraltro si tratta sempre di un’iniziativa del centrosinistra”, precisano dal suo entourage. E’ evidente però che la presenza di Orlando a Città del Mare sarà vista anche come un segnale politico, considerando peraltro che al Comune gli uomini di Faraone restano nei posti chiave. “La verità è che il sindaco parla con tutti ma poi decide da solo”, commenta un collaboratore del fondatore della Rete, a riprova di un’anomalia tutta palermitana chiamata “Orlando”.


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