Giuseppe Falsone, boss “atipico” |Con le passioni del mare e di internet

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26 Giugno 2010, 14:09

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Navigare. In mare e nella rete. Sono due degli elementi che hanno consentito la cattura di Giuseppe Falsone, boss di Agrigento, la cui latitanza si prolungava ormai da 11 anni. Le squadre mobili di Palermo e Agrigento, il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, la Brigata Crminale di Marsiglia e l’Aisi, Agenzia Informazioni Sicurezza Interna, l’ex Sisde.
Ecco gli elementi che hanno fatto squadra nella cattura di Falsone, avvenuta intorno alle 18 di ieri, nella cittadina francese di Marsiglia. Lì si era rifugiato il boss di Agrigento.

Il boss prima e dopo la plastica al viso

Una “svolta” la definisce il procuratore capo Messineo: “La pressione investigativa sul territorio siciliano non permette ad un latitante di agire indisturbato”. La latitanza in territorio straniero ha però indebolito molto la rete collettiva di protezione di Falsone, della quale poteva invece godere in Sicilia.
Prosciugare le acque attorno al boss. A partire dall’ultimo covo ancora caldo di Falsone, a Palazzo Adriano, ai confini tra le province agrigentina e palermitana: “Qui abbiamo trovato indirizzi riconducibili a medici che si occupavano di chirurgia estetica” ha spiegato il capo della Squadra Mobile di Agrigento, Alfonso Iadevala.  Indirizzi italiani, anche se il procuratore Messineo, esclude che l’operazione possa essere avvenuta
nel nostro paese. E qui ritorna Marsiglia come luogo di cure mediche, prima per Provenzano, poi per Falsone. “Non ci sono collegamenti tra i due” afferma il  Il procuratore Messineo, ma su eventuali roccaforti della mafia a Marsiglia si sta probabilmente indagando, raccogliendo anzitutto i dati trovati nel covo marsigliese di Falsone, cellulare documenti e non solo.
Il nascondiglio di Falsone non aveva niente a che vedere con il piccolo magazzino in cui è stato ritrovato Bernardo Provenzano, nei pressi di Corleone. Falsone si era scelto un monolocale di 120 Mq, situato in una via “bene” di Marsiglia, il Boulevard  Notre Dame, e si era munito di diverse apparecchiature
informatiche. Giuseppe Falsone comunicava attraverso Skype e visitava il Gds on-line: particolari che hanno consentito agli inquirenti di salire un ulteriore gradino verso la cattura del latitante, e
individuati attraverso le intercettazioni telematiche.

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Qui si sono concentrate la maggior parte delle domande dei giornalisti presenti alla conferenza stampa: “Sicuramente le intercettazioni, telematiche, telefoniche, ambientali hanno dato un valido sostegno all’indagine – spiega il procuratore Messineo -. Qualunque restrizione in qualunque settore d’indagine, si riverbera poi sugli  altri: per questo noi abbiamo sempre criticato il ddl”. A Marsiglia Falsone aveva conseguito
anche patente nautica, e una volta prodotto il documento falso con relativa carta d’identità, non è stato difficile per gli inquirenti, già sulla pista di un “ritocco” facciale, capire di chi si trattasse.

“Abbiamo individuato anche diversi interessi di natura  bancaria e commerciale” spiega il dott De Santis, Capo della squadra Mobile di Palermo. Ma ad aiutare l’individuazione di Falsone, sono state anche le dichiarazioni di collaboratori di giusitizia, come Giuseppe Sardino: “Il pentimento di Sardino – ha continuato Iadevala – è stato uno dei tasselli che ci ha consentito di arrivare all’obbiettivo”.
L’isolamento attorno al boss, la cooperazione internazionale delle forze dell’ordine: “Occorre –  ha spiegato Raffaele Grassi, Vicecapo della Sco –  riconvertire tutto il meccanismo di ricerca di Falsone su Matteo Messina Denaro e Gerlandino Messina”. La storia continua.

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26 Giugno 2010, 14:09

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