24 Settembre 2015, 18:42
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CATANIA – Le “nuove” leve dello storico gruppo santapaoliano della Stazione tornano alla sbarra per affrontare il processo d’appello, dopo la sentenza di condanna in primo grado. Le accuse per gli “affiliati” dell’organizzazione capeggiata dai Pippo Zucchero a vario titolo vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso, alle estorsioni, usura, rapine e droga. Davanti alla Corte d’Appello si è svolta la prima udienza: dopo la lettura della relazione del consigliere Antonio Giuttari, sono state discusse le questioni preliminari e sono state presentate richieste di partecipazione di parti civili da parte di alcune associazione antiracket. I giudici d’Appello su questa posizione si sono riservati di decidere nel corso della prossima udienza fissata per il 21 ottobre. L’accusa, rappresentata dal Pg Angelo Busacca, ha chiesto alla Corte (che ha accolto) la sospensione dei termini di custodia cautelare per tutti gli imputati.
I NOMI DEGLI IMPUTATI. Alessando Albergo, Marco Arena, Orazio Bonfiglio, alias «Orazio Bassotto», Sebastiano Caruso, alias «Nuccio Tyson», Faro Francesco, alias «Melo Meno», Angelo Gallo, alias «Angelo a ciolla», Francesco Liberato, inteso «Franco», Salvatore Mirabella, alias «Turi Palocco», Angelo Mirabile, alias «Angelo u porcu», Antonio Puglisi, alias «Puddisino», Romano Cristofaro, inteso «Cristian», Alessandro Scalia, Davide Giuseppe Silverio, Alessandro Vella, Domenico Zuccaro, alias «Domenico u biondo»,e Benedetto Zucchero, inteso «Benny».
L’INCHIESTA. Era il novembre del 2013 quando la Guardia di Finanza eseguì 24 misure di custodia cautelare in carcere: azzerando di fatto il cosidetto Gruppo della Stazione, che aveva a capo il santapaoliano Pippo Zucchero. L’indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, permise di seguire “quasi in diretta”, grazie soprattutto alle intercettazioni captate dall’ottobre 2011 a marzo 2013, le mosse del gruppo storicamente affiliato alla Cosca Santapaola Ercolano e di ricostruirne il suo organigramma. A impartire gli ordini, anche da dietro le sbarre, sarebbe stato “Pippo” Zucchero (imputato nel processo ordinario di primo grado). Direttamente dal carcere avrebbe scelto i suoi “eredi” chiamati a ricostruire l’organizzazione e la piazza di spaccio. Il genero Cristofaro Romano e il figlio Benedetto, in tempi record, avrebbero rimesso in piedi gli affari di “famiglia” creando una rete criminale ad altissimo livello con attività che andavano dalla droga, alle estorsioni, all’usura, alle rapine fino al nuovo business del “recupero crediti”.
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24 Settembre 2015, 18:42