Palermo

Gli alberghi chiusi e il centenario: “Avevamo superato la guerra…”

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14 Gennaio 2021, 06:10

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PALERMO – “Non avevamo chiuso nemmeno per la guerra… Stavolta sta andando così”. Nicola Farruggio è presidente di Federalberghi Palermo e vicario per la Sicilia, ma prima di tutto è un albergatore che soffre come tutti i colleghi. La sua famiglia vive di ospitalità e turismo dal 1921, con l’Hotel Posta del nonno che aveva continuato a offrire i suoi servizi anche nell’inferno dei bombardamenti su Palermo. Oggi il Covid ha svuotato i locali del Massimo Plaza, l’attività di Farruggio, che però non ha smesso di prendersene cura pur dovendo ancora percorrere una strada molto lunga per ritrovare i ‘suoi’ ospiti. La sua storia è quella di molti proprietari e gestori di alberghi siciliani, oggi più che mai un mix fra commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro e funzionari pubblici.

Nicola Farruggio

Fuori dagli alberghi, mille lavori

“Noi albergatori passiamo le nostre giornate fra banche, studi privati e uffici pubblici – spiega Nicola Farruggio – perché abbiamo un’infinità di aspetti da curare per non finire a fondo. Ma per esempio siamo anche guardiani, perché una struttura alberghiera di un certo tipo va comunque sorvegliata, anche se è chiusa, ma i dipendenti sono in cassa integrazione. Che tra l’altro non è del tutto a carico dello Stato, ma in piccola parte la paghiamo anche noi”. Le difficoltà quotidiane vanno dall’assenza dei fondi sufficienti alle ‘battaglie’ con gli enti locali per ottenere sgravi e indennizzi, “visto che le strutture sono comunque ferme – ribadisce – ma nel frattempo impellenze come il pagamento delle utenze non si sono fermate. È un insieme di cose anche molto tristi, un lockdown in cui ci troviamo ormai da mesi e che si prolungherà ancora per parecchio tempo”.

“Ristori inadeguati: come si sopravvive?”

In ogni caso, pare proprio che la categoria non consideri la riapertura una priorità assoluta. Non senza criterio: “Il nostro settore è in ginocchio – dice Farruggio – ma sappiamo perfettamente che meno siamo sicuri, più tardi potremo rientrare a regime. Non condividiamo certe spinte per riaperture sconsiderate”. Dall’altra parte però c’è sempre la domanda delle domande: “Come si sopravvive?”. Avere una risposta non sarebbe un dettaglio da poco, col vertice di Federalberghi Palermo che parla di “una perdita annua media per il 2020 che va oltre il -85 per cento rispetto al 2019. E in alcuni casi arriva anche a uscite per duecentomila euro da marzo a oggi solo per tenere la struttura chiusa”.

“I ristori? Sicuramente sono tutt’altro che tali – sostiene Nicola Farruggio –. Non ha nemmeno molto senso chiamarli in questo modo… Sono più degli indennizzi, e molto relativi”. Il governo Conte era intervenuto la prima volta col Decreto rilancio, erogando agli alberghi il 10, il 15 o il 20 per cento della differenza fra il loro fatturato di aprile 2019 e quello di aprile 2020. L’esatta percentuale da erogare era stata determinata in base ai ricavi delle strutture.

“Questa soluzione risale a maggio 2020 – racconta l’albergatore –. Il ristoro di novembre invece ammontava al 150 per cento della primissima somma ricevuta. Questi numeri possono sembrare roboanti, ma in realtà – avvisa – sono solo numeri. Con quei soldi qualsiasi albergo non ha coperto neanche le spese del solo mese di aprile. Personalmente i soldi di maggio li ho finiti il giorno stesso, per saldare pagamenti già in attesa da tempo”.

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Un’attesa che riguarda gli alberghi come il mondo intero, ma che secondo Farruggio va ingannata in modi più efficaci. “Chiaramente la nostra categoria non vive su un altro pianeta, non si mette in testa di chiedere al governo l’80 per cento del fatturato – sottolinea – ma almeno il 50 sarebbe già più adeguato alla perdita. Ora tutti stiamo sperando nel nuovo scostamento di bilancio annunciato recentemente, che guarda al turismo, e soprattutto nel Recovery plan che ha aumentato la dotazione dedicata al settore. Ma sempre di preoccupazioni e attese si tratta, e comincio a intendere che forse molti colleghi stanno gettando la spugna”.

“Cambiare pelle? Noi siamo albergatori”

Quindi la mente di Nicola Farruggio torna all’Hotel Posta del nonno: “Nella mia famiglia ha iniziato lui e da allora non abbiamo più smesso, il suo albergo era rimasto aperto pure sotto le bombe, ospitando comunque un certo numero di clienti. Quest’anno faremo cento anni di attività nel nostro campo, ma io continuo a ripetermi che in questo secolo l’anno 2020 non c’è stato. Era destino”.

I corridoi e le stanze attendono, vuoti, “dopo anni e anni di lavoro col turismo internazionale e con la cultura. C’è sempre stato un forte legame con un’altra ‘vittima’ di questo periodo, il Teatro Massimo. Certo – precisa Farruggio – si viene regolarmente in albergo per tenere sempre tutto in ordine e al passo coi tempi, ma finché non ripartirà il turismo internazionale difficilmente avremo ospiti. Fa tristezza vedere così spento un luogo vivo, che è sempre stato una micro città. Cambiare pelle? Non possiamo, anche perché un albergo è vincolato alla sua precisa destinazione d’uso. Noi siamo questo: albergatori”.

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14 Gennaio 2021, 06:10

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