Gli intellettuali di Palermo | e la sindrome del leone Ciccio

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24 Aprile 2017, 17:11

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Alcuni intellettuali – veri o presunti che siano – al cospetto di Palermo vengono colti implacabilmente dalla sindrome del leone Ciccio, l’attempato felino che vivacchiava dietro le sbarre, a Villa Giulia.

Infatti, si comportano proprio come quei bambini che visitavano il malandato re della savana, pervasi da un infantile entusiasmo che non conosceva né crolli, né tentennamenti. I piccoli viaggiatori di un esotismo abborracciato e domestico non annotavano mai la malinconia, il tanfo di urina, lo sguardo appassito di uno che era pur sempre un leone in gabbia. In in solo colpo, si esaltavano per il ruggito che esplodeva a intermittenza, l’evento da salutare con uno scrosciante battimani d’occasione. Era il verso che copriva il resto.

Si tratta, forse, dello stesso riflesso pavloviano di alcuni – appunto – intellettuali autoctoni. E’ l’identico approccio di chi sta cucendo la narrazione di un mirabile e incondizionato rinascimento palermitano, sul corpo ancora smagrito di una città divisa tra crisi e prospettive. Ecco i versi che vorrebbero coprire il resto.

Alla domanda: Palermo è rinata?, diverse risposte sono plausibili e raffrontabili. C’è chi si adagia nel canone di una rassegnata immutabilità e chi invece riconosce che alcune cose buone sono state realizzate. Tuttavia, riconoscerlo non significa dimenticare i problemi che lo stesso sindaco Orlando sa a memoria – tanto da dormire con l’Ipad sul cuscino – come onestamente ha ammesso in una chiacchierata con LiveSicilia sulla cultura del piagnisteo.

C’è una mobilità irrisolta. C’è un tessuto economico slabbrato, aggravato dalla presenza di cantieri dalla durata incerta. C’è una comunità sospesa tra il bisogno di una svolta, di una visione, e la necessità di tenere insieme, con le idee, gli strappi del quotidiano.

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E poi ci sono i ‘colti’ dalla sindrome del leone Ciccio. Quelli che ‘è tutta una bellezza’. Il tram? Una meraviglia e pazienza se, in certi passaggi, i vagoni ricordano i colleghi del trenino di Villa Giulia, desolatamente vuoti, nell’età dell’abbandono. Le strade sporche? Sì, ma siamo capitale della cultura. Le imprese boccheggianti? Sì, ma abbiamo il festival del panino al lampredotto. L’analisi di una realtà complessa, con novità da appuntare, criticità da sottolineare, viene sminuzzata nel dogma assoluto del rinascimento, della reconquista, del tutto è bello e voi non permettetevi di dubitarne, perché, se dubitate, siete irredimibili, panormitani del paleolitico, in una parola: incivili.

Ogni obiezione viene silenziata dallo sprezzo. Ogni disconnessione dal pensiero unico va trattata come un’eresia. Ogni sfumatura viene reclutata nella colonna infame dei reietti in servizio permanente effettivo, con le iscrizioni sempre aperte. Tutto ciò che non risiede nel perimetro del ruggito, dell’effetto speciale, della trovata scenica di una rivoluzione fin qui dimezzata deve essere bandito dal senso del discorso e che nessuno si azzardi a indicare la gabbia, col suo persistente tanfo d’urina.

Proprio come facevano i bambini a Villa Giulia. Solo che i bambini, per definizione, erano (sono) innocenti.

La foto, di Franco Lannino, è tratta dalla pagina facebook: ‘Una statua a Villa Giulia per Ciccio’.

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24 Aprile 2017, 17:11

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