Gonzaga, viaggio nella vertenza | Le vite sospese dei 17 licenziati

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05 Febbraio 2017, 15:00

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PALERMO – Guardando al futuro vedono soltanto un grande punto interrogativo. Essere licenziati dopo decenni di lavoro li ha stravolti, ha scatenato un terremoto nelle loro vite. Sono i dipendenti del Gonzaga, la storica scuola dei gesuiti finita al centro di una vertenza dalla grande eco in seguito al licenziamento di trentuno persone provocato dalla crisi e da un diminuito numero di iscritti. In molti hanno deciso di firmare e di confluire in una cooperativa che collaborerà con l’istituto, 17 dipendenti si sono invece rivolti agli avvocati per impugnare il provvedimento.

Sono centralinisti, assistenti all’infanzia, manutentori. Parte del personale non docente interessato dal processo di esternalizzazione. Sono disperati. Dopo essere stati messi alla porta hanno pacificamente protestato davanti all’ingresso della scuola, poi si sono rivolti a Papa Francesco con una lettera: “Ci rivolgiamo a lei – hanno scritto – come gesuiti laici, come genitori, come operatori della missione di Ignazio di Loyola. Come è possibile vedere così tanto fallito capitalismo guidare un bene così prezioso come un istituto che ha fatto la storia di questa città?”.

Parole forti che vengono ribadite a viva voce dai lavoratori che abbiamo incontrato: “La morale cristiana adesso dov’è? Cerchiamo da mesi un dialogo, ma come sempre si predica bene e si razzola male. Siamo stati colpiti da questo atteggiamento di chiusura, dall’assenza di ogni possibilità di confronto. L’unica possibilità per noi era quella di essere assunti dalla cooperativa, ma ciò avrebbe azzerato anzianità e lo stipendio sarebbe stato notevolmente inferiore. Veniamo da cinque anni di contratti di solidarietà, con famiglie da mantenere e mutui da pagare. Non possono abbandonarci in questo modo”.

Provvidenza Corsini, centralinista con l’ottanta per cento di invalidità, lavorava al Gonzaga da trentacinque anni. Il licenziamento ha sconvolto anche la sua famiglia: “Ho tre figli ed io e mio marito dobbiamo ancora finire di pagare il mutuo. Da adesso in poi sarà davvero difficile mantenere tutti gli impegni di una famiglia di cinque persone. La nostra dignità di lavoratori è stata completamente calpestata, non c’è stato alcun rispetto per chi ha dedicato la propria vita a questo istituto. In 35 anni anni ne ho viste tante – prosegue – ho messo il cuore nella mia attività, nei rapporti coi colleghi e con il resto del personale scolastico. La risposta alla nostra situazione è puntualmente il silenzio, come se non contassimo più niente”.

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“Siamo stati letteralmente buttati fuori – aggiunge Paola Badalamenti, licenziata dopo aver lavorato per dodici anni come assistenze all’infanzia -. Abbiamo scelto di procedere per vie legali perché inascoltati. Non so come farò ad andare avanti: mio marito ha un lavoro part time e abbiamo due figli di quattordici e nove anni da mantenere. Siamo stati trattati come se i valori di carità ed uguaglianza, tanto esaltati da questo istituto, in realtà non esistessero. Io ho saputo di essere stata licenziata dal portiere, il giorno di rientro da un periodo di malattia. Non avevo saputo della lettera e sono stata invitata ad uscire dalla scuola. Mi sono sentita umiliata”.

E’ invece separata e vive coi suoi due figli Rita Becchinella, mandata a casa dopo 27 anni di servizio. “Uno di loro frequenta già l’università, l’altra è iscritta proprio al Gonzaga. Anch’io ho un mutuo ancora da pagare e dopo quasi trent’anni di lavoro in questa scuola, credevo fossimo tutti una grande famiglia. Invece è tutto il contrario e pochi giorni fa, mentre protestavamo pacificamente, è addirittura stata chiamata la polizia. Ci hanno trattato come delinquenti”.

Non si arrenderanno. I 17 dipendenti dell’istituto che da cento anni rappresenta un’istituzione a Palermo hanno deciso di andare fino in fondo. Si sono affidati agli avvocati Guglielmo Bellavista, Angela Maria Fasano e Muriel Romano. per opporsi a ciò che ritengono un’ingiustizia. “Nessuno ci ha mai fornito motivazioni valide – spiega Gabriele Albanese, licenziato dopo trent’anni e rappresentante sindacale della Flc Cigl -. A metà dicembre la dirigenza ci aveva parlato di una riduzione dello stipendio del 34 per cento, sottolineando che gli iscritti erano diminuiti, anche se a settembre erano in realtà aumentati. Siamo stati informati senza alcun ordine, in modo confusionario, senza mai ottenere alcun confronto vero con la dirigenza. E adesso siamo molto stanchi di queste dinamiche che si sono mosse tra finto buonismo e tentate opere di convincimento che non abbiamo mai assecondato. Vogliamo indietro il nostro lavoro e le nostre vite”. 

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05 Febbraio 2017, 15:00

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