08 Maggio 2018, 11:00
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Si prospetta tutta in salita la strada per il governo “neutrale” proposto ieri dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. A seguito delle ennesime consultazioni, il terzo giro, il Capo dello Stato ha infatti constatato l’impossibilità di formare una coalizione politica per il nuovo esecutivo, proponendone uno “di tregua, neutrale”, capace di guidare il paese fino all’approvazione della legge finanziaria, in dicembre. Poi le elezioni, all’inizio del 2019 o da accorpare con il rinnovo del Parlamento Europeo, previsto in primavera.
In alternativa, il Colle ha aperto alla possibilità di un voto ancor più anticipato (entro quest’estate), nel caso in cui i principali partiti non siano in grado di trovare una sintesi per l’esecutivo di “non belligeranza”.
“Governo neutrale? No, grazie”. È stata questa le reazione immediata del rappresentante del centrodestra Matteo Salvini, a seguito delle parole di Mattarella. “Senza un governo politico, si vota l’8 luglio. Di Maio è d’accordo con me”. Una posizione, quella del segretario leghista, condivisa dagli alleati della coalizione. Da Giovanni Toti (Forza Italia) a Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia), su Facebook si innalza un coro unanime di bocciatura per la proposta del Colle, prospettando tutti il voto estivo. Distanza fra i maggiorenti azzurri e lo stesso Silvio Berlusconi, il quale sembrerebbe preferire nuove elezioni politiche in autunno.
Lapidario il capo del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio che, confermando quanto detto da Salvini, ha risposto sul web: “Oggi è iniziata la campagna elettorale”. Ma il leader grillino ha voluto già tirare una stoccata a quello che -in caso di elezioni a luglio – potrebbe essere l’uomo da battere nella corsa a Palazzo Chigi. Ai microfoni di Rtl 102.5 ha infatti chiosato: “È colpa di Salvini se si torna a votare, sua e dell’alleanza con Berlusconi”.
Dal fronte del Pd, il reggente Maurizio Martina si era detto propenso ad accogliere la proposta del Capo dello Stato, rappresentando così una delle poche voci fuori dal coro: “Facciamo un governo super partes, nessuno si tiri indietro. Noi stiamo con Mattarella”. Fra i dem – però – sembra essere piombato l’allarme per il voto a luglio, prospettiva che li troverebbe senza un capo legittimato da un congresso o primarie. Indiscrezioni vedrebbero infatti individuare nel premier Paolo Gentiloni la figura di garanzia, capace magari di aprire un dialogo anche con la sinistra di Pietro Grasso.
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08 Maggio 2018, 11:00