“Mattarella fu vittima | di un intreccio politico-mafioso”

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04 Giugno 2014, 16:29

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ROMA – L’omicidio di Piersanti Mattarella fu “una coincidenza di interessi che non siamo mai riusciti a chiarire e che tuttora mi toglie il sonno insieme ad altre intuizioni laceranti su tante stragi di mafia irrisolte”. Lo dice il presidente del Senato Pietro Grasso durante la presentazione del libro di Giovanni Grasso: “Piersanti Mattarella. Da solo contro la mafia”. “Anche decenni dopo le indagini non mi sono arreso e da Procuratore Antimafia ho messo in atto ogni utile strumento a mia disposizione per cercare la verità”.

“In quel sangue sparso in via della Libertà il 6 gennaio del 1980 si infranse ancora una volta il sogno di una Sicilia rinnovata e libera dalle incrostazioni mafiose, che si stava traducendo in concreta azione di governo di una Regione, come diceva Mattarella, “con le carte in regola””. Mattarella, aggiunge Grasso, isolò “gli interessi particolaristici e mafiosi nelle istituzioni siciliane” e condusse “al tempo stesso un’azione di rigenerazione della vita interna del suo partito, smantellando correnti personali e oscuri giochi di potere”.

“Secondo talune dichiarazioni del pentito Francesco Marino Mannoia, Stefano Bontate e altri uomini d’onore avevano incontrato nell’estate del 1979 in una tenuta di caccia al centro della Sicilia, Giulio Andreotti, il segretario Dc siciliano Rosario Nicoletti, Salvo Lima e i cugini Salvo, e in quell’occasione si erano lamentati della linea politica perseguita da Mattarella chiedendo un radicale cambio di rotta. Ma per frenare il suo slancio rinnovatore, da cui non lo distolse neanche la candidatura al Parlamento nazionale che Zaccagnini gli aveva proposto e che forse lo avrebbe salvato – ricorda ancora Grasso – furono necessarie le sei pallottole che l’ignoto killer gli scaricò addosso proprio alla vigilia dell’appuntamento che lo avrebbe confermato alla Presidenza della Regione della sua Sicilia”. “Il capitolo finale del libro – osserva l’ex procuratore nazionale Antimafia, Grasso – è dedicato alle indagini su un omicidio che l’autore considera uno dei misteri irrisolti della storia dell’Italia repubblicana. L’ altalena delle prime interpretazioni oscillava tra il delitto di mafia e l’ omicidio di stampo terroristico, anche se nulla sembrava certo”. “A rendere le acque ancora più torbide – sottolinea – concorsero le telefonate fatte, già poche ore dopo l’ omicidio, ad alcuni organi di stampa: le rivendicazioni dei sedicenti “Nuclei Fascisti Rivoluzionari”, di “Prima Linea” e “Brigate Rosse””.

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L’intreccio politico-mafioso
“È lecito supporre che per tale omicidio si sia verificata una deliberata convergenza di interessi, rientranti tra le finalità terroristico-intimidatrici dell’organizzazione, e interessi connessi alla gestione della ‘cosa pubblica’”. Ad affermarlo è il presidente del Senato Pietro Grasso che, presentando il libro di Giovanni Grasso: “Piersanti Mattarella. Solo contro la mafia”, ripercorre la vita e le indagini condotte sulla morte dell’ex presidente della regione Sicilia. “Tale ipotesi, se esatta – insiste Grasso – presuppone un intricato intreccio di segreti collegamenti tra i detentori delle rispettive leve del potere politico e mafioso. Sin dalle prime indagini fu chiaro che il movente dell’ omicidio andava cercato nell’attività politica di Mattarella, specie nei due anni della sua presidenza”. “Tuttavia – prosegue – restano, nonostante i 34 anni trascorsi e tre gradi di giudizio, non poche zone d’ombra, come nel campo degli intrecci mafia-neofascismo armato che avevano portato nel 1989 Giovanni Falcone a spiccare un mandato di cattura nei confronti dei terroristi neri Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini, indicati quali esecutori materiali del delitto e in seguito prosciolti dalle accuse”. “Tra i numerosi tentativi di depistaggi – osserva il presidente del Senato – va citato uno strano colloquio tra il Questore Immordino e Ciancimino, il quale intese informare segretamente che il delitto Mattarella era stato opera di un terrorista di sinistra venuto dal Nord”.

“Con l’eliminazione fisica” di Mattarella, spiega il presidente del Senato, “vennero spazzati via in un sol colpo tanti problemi che sarebbe stato troppo lungo e complicato risolvere con le logiche e con i tempi della politica e del compromesso. L’omicidio, dunque, diventa una soluzione anche delle difficoltà della politica”. “Questa è la grande specificità della situazione palermitana: nessun altro Paese ha visto tanti vertici istituzionali decapitati. Ma sarebbe riduttivo affermare che ciò è accaduto solo perché quegli uomini si opponevano all’organizzazione mafiosa. Si opponevano sì all’organizzazione, ma come appartenente a un sistema di potere che era qualcosa più della semplice organizzazione criminale”, afferma ancora Grasso. “Le carte processuali – afferma l’ex Capo dell’Antimafia – riuscirono a fotografare solo una porzione superficiale della storia, quella che riguarda gli ideatori, gli organizzatori del delitto. Nulla sappiamo degli esecutori o di eventuali mandanti esterni di cui pure si scorgono le sagome. Le investigazioni sembrano suggerire una partecipazione mafiosa riservata solo ai “piani alti” e, quanto ai depistaggi, l’esperienza dimostra che quando arriva la strategia della confusione c’è sempre dietro qualche “puparo” che manovra i fili del vero e del falso”. “Io ho sempre considerato l’omicidio di Piersanti Mattarella di tipo preventivo e conservativo, inteso quindi non tanto a vendicare la sua retta azione di amministratore e statista ma a mantenere lo status quo, impedendo il rinnovamento politico del compromesso storico e la neutralizzazione della penetrazione mafiosa nella Regione”, conclude.

(Fonte ANSA)

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04 Giugno 2014, 16:29

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