16 Giugno 2017, 06:04
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PALERMO – “Ti presento i miei figli e ti mando le foto”, così scriveva una donna a Giuseppe Graviano. E il capomafia di Brancaccio raccontava della missiva, compiaciuto e commosso com’era, al suo compagno di passeggiata, il camorrista Umberto Adinolfi.
Nei nastri magnetici delle intercettazioni nel carcere di Ascoli Piceno, eseguite dalla Direzione investigativa antimafia di Palermo, è rimasta impressa una storia di mafia, tradimenti e rispetto. Il rispetto che una giovane donna nutriva per il capomafia.
Uno dei protagonisti della vicenda è un carissimo amico di Graviano, “più buono del pane”, condannato all’ergastolo. Lo hanno arrestato nel 1995, pochi mesi dopo che analoga sorte era toccata al boss. Qualche anno fa la moglie ha lasciato l’amico di Graviano. È andata via da Palermo con un pentito, a sua volta abbandonato dalla compagna che non lo ha seguito nella scelta di cambiare città, imposta dal programma di protezione.
Il pentito e l’ex moglie dell’ergastolano si sono rifatti una vita. Per un periodo la donna che ha scritto a Graviano ha seguito la madre. Alla fine, però, ha deciso di tornare a Palermo per vivere con i parenti del padre.
L’ultimo capitolo della storia è di un anno fa, quando Graviano ha ricevuto una cartolina in carcere: “Caro Giuseppe, ciao. Come stai? Tu non mi conosci ed io non conosco te – Graviano ha riferito ad Adinolfi il contenuto della missiva – quando si tratta di carcerati che a me stanno nel cuore… in particolare tu… ti volevo informare che sono diventata mamma… ti mando la foto… te li presento”.
“Ho preso carta e penna e gli rispondo – ha spiegato Graviano al suo compagno di socialità – gli ho detto… ti ringrazio, ti auguro il bene…”. Poche righe per mostrare rispetto al capomafia detenuto. Poche righe per marcare la distanza dalla scelta della madre di troncare il matrimonio con il padre per scappare con un pentito lontano da Palermo.
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16 Giugno 2017, 06:04