26 Febbraio 2010, 12:37
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In quel corpo che affronta tramonti e albe di lotta, alla seconda rianimazione del Civico, battaglie che nessuno di noi del mondo fuori conosce davvero, pur temendole, c’è il coraggio di una lezione da non scordare.
Non è una lezione del tutto nuova e ignota. Molti l’hanno imparata, bevendo a poco a poco l’amaro calice di un possibile distacco, dietro una qualunque porta d’ospedale, dietro un uscio socchiuso, dietro un ingresso in penombra. L’hanno appresa loro malgrado. E alla fine, sopraffatti dal dolore, hanno trovato la forza di sussurrare un “grazie”.
Grazie perché in ogni corpo che lotta, per quanto sia terribile la cascata di strazio che soffoca i cari e i vicini, c’è la traccia indelebile dell’amore per la vita.
Grazie perché accanto a ogni traccia terrena d’amore c’è un incognito fremito sovrannaturale che sostiene la sfida.
Grazie perché, anche se la consapevolezza di quel corpo è ridotta al minimo, sepolta da una coltre di sonno lontanissimo, c’è la fatica di un cuore che batte, un’ostinazione umana che ci dimostra quanto sia importante avere un cuore giusto al posto giusto.
Di Enzo Fragalà conosciamo le virtù e i pregi da uomo in piedi. Conosciamo il sorriso, la cortesia, la generosità, quell’affabilità che è sempre stata sincera e non la maschera di un’affettazione. Ora sappiamo pure il resto.
E questa sua valorosa prova da soldato semplice della vita noi, fantaccini con addosso la paura del buio, non la dimenticheremo mai.
Ps. Avremmo preferito un finale diverso per la prova di Enzo Fragalà. Ma questo destino di partenze e di addii, ora che ci giunge la notizia della morte, non muta il nostro grazie. Anzi. Lo rende più vivo che mai.
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26 Febbraio 2010, 12:37