Grazie Regione, grazie Anas | Alla Sicilia non restano che i muli

di

13 Aprile 2015, 14:03

5 min di lettura

PALERMO – Chi ci ha provato, racconta che le “strade alternative” da percorrere dopo la chiusura del viadotto Himera che ha tagliato in due la Sicilia comportano un tempo di percorrenza di almeno un’ora in più. E mentre da ogni dove arrivano allarmi sul devastante impatto economico del crollo del pilone, mentre va avanti il rimpallo delle responsabilità in questa triangolazione Stato-Anas-Regione, mentre si cercano soluzioni tampone per alleviare i disagi del disastro, sullo sfondo resta la situazione drammatica della viabilità della Sicilia, l’Isola senza strade, più adatta in molti suoi angoli al mulo che alle autovetture.

Il disastro del pilone travolto da una frana di dieci anni nella generale disattenzione è l’ultimo e più eclatante di una raffica di incidenti. Gran parte dei quali solo per fortuna non ha comportato, proprio come in questo caso, vittime o danni alle persone. Eclatante, tanto da monopolizzare l’attenzione dei media nazionale, era stato il caso del cedimento della strada all’imbocco del viadotto Scorciavacche, collassato ad una settimana dall’apertura al traffico, dopo le festività natalizie. Ma la storia di crolli e cedimenti nell’Isola è lunga. Anche Report su Rai tre ha dedicato al tema le sue attenzioni, ricordando i casi dei viadotti Geremia (sulla statale Caltanissetta-Gela), Verdura e Petrulla.

Il disastro non si limita certo alla Palermo-Catania (Anas) del famigerato pilone. Ci sono i disastri della Palermo-Messina, che è gestita dal Cas, altro capitolo dolente del libro nero dei trasporti siciliani. Una relazione della Regione l’anno scorso enumerava l’elenco dei disservizi riscontrati sulle autostrade gestite dal Consorzio: dagli “avvisi di cantieri, i cui lavori risultano ormai completati, con i relativi cartelli dimenticati nella corsia di emergenza” alla segnaletica inadeguata e agli “aeratori nelle gallerie disattivati”. E ancora gallerie buie e maleodoranti, asfalto deformato, mancanza di asfalto drenante (con conseguente deficit di sicurezza). Anche la Siracusa-Catania ebbe il suo momento di notorietà, quando l’auto della scorta del presidente della Regione impattò sull’insidioso casello di Cassibile, provocando il ferimento di tre agenti.

Ma se le autostrade piangono, le strade quelle cadono a pezzi, un po’ dappertutto. La protezione civile, scriveva oggi il Giornale di Sicilia, ha avviato una sorta di censimento dei danni: nelle nove province siciliane i costi degli interventi necessari sarebbero pari a 650 milioni di euro. E di questi 300 solo per interventi di prima emergenza. I disastri maggiori sono concentrati nel Palermitano, ma i disagi sono diffusi a macchia di leopardo. La Provincia di Palermo avrebbe stimato costi per per 300 milioni per gli interventi necessari, 70 solo per le alte Madonie.

Articoli Correlati

Già, le Province. A loro compete la manutenzione di molte di queste strade dimenticate. Quelle stesse Province chiuse, commissariate a oltranza e in continua penuria di risorse. I risultati sono sotto gli occhi degli sventurati automobilisti costretti a quotidiane gimkane tra buche, cedimenti e frane. Solo pochi giorni fa a causa del maltempo è crollata una parte della provinciale 79, la vecchia strada che collega Sciacca a Menfi. Le piogge torrenziali che da qualche anno sono diventate regola negli inverni siciliani hanno messo a dura prova le strade in una Regione in cui il rischio di dissesto idrogeologico è altissimo. Un problema in cui gioca un ruolo centrale l’abbandono di interi versanti collinari dell’Isola. Gli effetti devastanti del dissennato disboscamento che si è avuto la Sicilia nel corso dei secoli stanno presentando un conto salatissimo. E malgrado i proclami, la musica non è cambiata. “La montagna d’acqua che quest’inverno si è abbattuta sulla nostra regione è probabilmente la causa dei dissesti che si stanno verificando” ha commentato a proposito del viadotto Himera l’assessore alle Infrastrutture Giovanni Pizzo. Probabilmente.

Tra strade interrotte, voragini, avvallamenti, cedimento del manto stradale, il copione è ricorrente in tutte le province. “E’ chiaro che siamo di fronte a un’emergenza da affrontare con estrema serietà”, ha aggiunto Pizzo. Un’emergenza di cui ci si ricorda puntualmente solo dopo il crollo di giornata. Anche quando si sfiora la tragedia, come nel luglio scorso in contrada Petrulla (Licata), dove a luglio sulla statale 626 che collega Campobello di Licata, Ravanusa e Canicattì le carreggiate di un ponte si piegarono verso il basso a causa di un cedimento toccando il fondo da un’altezza di quattro metri. Il collassamento del viadotto provocò due incidenti che coinvolsero tre automobili: quattro i feriti lievi, tra i quali una donna incinta. Meglio ancora andò nel febbraio 2013 quando si squarciò il viadotto Verdura lungo la statale 115 che collega Agrigento con Sciacca, in territorio di Ribera: qualche ora prima un’automobilista aveva segnalato un avvallamento e il ponte era stato chiuso al traffico in via precauzionale dalla polizia stradale. Non che sulle strade siciliane non si muoia già parecchio. I dati Istat dicono che nel 2013 i morti sulle strade sono stati 254, e di questi 151 in strade extraurbane e autostrade, con l’indice di mortalità più elevato nelle province di Enna e Agrigento.

Intanto, le Istituzioni fanno a gara a scaricarsi le colpe a vicenda. Governo centrale e Anas cercano di addossare le responsabilità alla Regione. “Il mio governo non c’entra un fico secco col cedimento del pilone. Invece di fare chiacchiere e di togliere soldi alle Regioni, Roma ci dia i fondi”, ha contrattaccato oggi Rosario Crocetta, che annuncia per il pomeriggio un incontro con il presidente dell’Anas Pietro Ciucci e inquadra anche la vicenda del viadotto nella sua guerra politica contro i renziani: “Se l’intenzione di Roma è di commissariare la gestione del dissesto idrogeologico per affidarla a qualche amico di corrente o grand commis di Stato, che non abbiamo dubbi farà in fretta magari garantendo gli affari agli amici degli amici com’è avvenuto per le grandi opere, faccia pure”.

Il balletto continua, mentre la Sicilia sprofonda, nel senso letterale, preparandosi a tornare all’era del mulo.

Pubblicato il

13 Aprile 2015, 14:03

Condividi sui social