25 Gennaio 2010, 16:13
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“Da quassù non possiamo fare altro che guardare il mare, e sperare”. Tommaso La Bua è uno dei quattordici operai che hanno deciso di protestare ad oltranza sul tetto dello stabilimento della “Delivery Email”, azienda dell’indotto Fiat di Termini Imerese.
Il settimo giorno poteva essere quello della svolta, ma così non è stato. Le attese dei lavoratori dell’azienda che si occupava dello svuotamento dei cassonetti, operazione che la Fiat ha deciso di “internalizzare”, proseguono, proseguiranno ancora. Almeno quattro giorni. Oggi, infatti, la riunione in prefettura con i sindacati non ha risolto nulla. E ha spostato a giorno 29 la nuova puntata della vertenza. Regalando, così, agli operai, almeno altri quattro giorni di gelo, di freddo, di angoscia.
“Qui stiamo male. C’è freddo. Le nostre condizioni di salute non sono per niente buone”. Il grido di Tommaso Lo Bua, al telefono, è spezzato dalle folate che sembrano ormai scandire il tempo per lui e gli altri lavoratori. Lassù si soffre, ma non si molla. Nei giorni scorsi due sue colleghi sono stati portati via dall’ambulanza: “Problemi al petto, bronchiti, quassù c’è freddo. Sulle montagne c’è già la neve, e il vento sembra portarla fin su questo tetto. Si gela”.
Le notti, passate “sotto le chiocciole, per ripararci”. Le ore che possono trascorrere solo in un modo solo: “Non possiamo fare altro che guardare il mare, che si vede da quassù, e i parenti ai cancelli, a trecento metri circa dall’edificio sul quale siamo saliti”.
Già, i familiari. Perché un licenziamento, un “taglio” sparge angoscia al di là della vicenda personale, intima di chi aveva un lavoro e che rischia, dal primo febbraio, di non averlo più. “I nostri familiari sono preoccupati – racconta La Bua – e al telfono ci chiedono di scendere giù, di tornare a casa. Ma noi da qui non ci muoviamo finché non abbiamo una risposta certa sul nostro futuro”.
Insistono, quindi, gli operai della Delivery Mail. Non scendono. Per loro altre notti sul tetto. Spettinati dalle intemperie. “Qui finora abbiamo provato tutto, dal caldo, al gelo. Ma non ce ne andiamo”, dice Tommaso La Bua, con la voce rotta dal timore e dalla stanchezza. E in questo momento, in una delle infinite ore della protesta, non può far altro che guardare il mare. E sperare.
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25 Gennaio 2010, 16:13