Guerra di mafia e omicidi irrisolti |Tremano i killer di Cosa Nostra

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26 Gennaio 2015, 06:31

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CATANIA – Fabrizio Nizza, uomo d’onore dei Santapaola, non aveva solo la leadership delle piazze di spaccio, ma era un vero e proprio capomafia militare, con il potere di uccidere. Almeno fino al 2012, quando finisce in manette e per lui, già sorvegliato speciale, si aprono le porte del carcere.

Il “pentimento” di Fabrizio Nizza, dunque, può dare importanti input investigativi anche per alcuni delitti rimasti irrisolti a partire dal 1990. E’ in quegli anni che insieme ai suoi fratelli inizia ad organizzare la rete di traffico di droga diventando il monopolista (in guerra con gli Arena ) per lo spaccio a Librino. Me era lui il rifornitore dei clan mafiosi: anche degli storici rivali Cappello-Carateddi. Fabrizio Nizza ha il carisma e la spietatezza di cementificare la sua ascesa criminale fino al suo “battesimo” nel potente clan dei Santapaola-Ercolano.

Ed è il suo stesso padrino Santo La Causa ad inchiodarlo nel 2013 per l’omicidio di Pietro Giuffrida. Per i carabinieri ad esplodere i colpi mortali il 22 agosto 1999 davanti una sala giochi di via Santissima Trinità furono Fabrizio Nizza e Lorenzo Saitta, detto “Scheletro”. Dietro il delitto una lotta interna alla cosca dei Santapaola e in particolare il controllo dei prestiti di usura e traffico di droga nella piazza San Cosimo. Un omicidio per cui si sta celebrando un processo con alla sbarra il nuovo collaboratore di giustizia. La vittima, Pietro Giuffrida era un uomo del gruppo di fuoco di Maurizio Zuccaro: il suo nome è stato tirato fuori come uno dei sicari dell’omicidio di Luigi Ilardo.

Le dichiarazioni di Santo La Causa, che ha iniziato a collaborare nel 2012, hanno chiuso il cerchio su molti delitti di mafia irrisolti. Lo stesso potrebbe succedere con le rivelazioni di Fabrizio Nizza, che ha deciso di vuotare il sacco a dicembre. Un “pentimento” che si è unito insieme a quello di Davide Seminara, un luogotenente della famiglia di Librino. Seminara aveva un ruolo preciso: era l’autista di Andrea, uno dei fratelli Nizza. Quindi conosceva bene movimenti, equilibri, nascondigli e frequentazioni dei trafficanti della roccaforte di cemento.

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Ma torniamo al 2012, a quando Fabrizio Nizza finisce dietro le sbarre. Quello è l’anno del blitz Efesto: vengono sventati due omicidi. I bersagli erano Lorenzo Schillaci e Salvatore Guglielmino: l’ordine dei Mirabile era partito dal carcere. Siamo al centro di una guerra intestina al clan Santapaola Ercolano: da una parte i fratelli Mirabile, gruppo riconducibile ad Antonino “Ninu u Pazzu” Santapaola, fratello dell’ergastolano Nitto, e dall’altra l’ala capeggiata dagli Ercolano. Attraverso le intercettazioni dei colloqui in carcere, il Ros scopre che il cognome di Daniele Nizza, fratello di Fabrizio, veniva pronunciato espressamente da Francesco Mirabile: lo definiva “U babbaleccu”.

In un’operazione, sempre del 2012, tra i reati contestati al nuovo “pentito” vi è anche la detenzine e il porto in luogo pubblico di armi. E tra le pagine dei fascicolo non si parla solo di pistole, ma anche di mitragliatori. Armati fino ai denti, dunque, i Nizza. Una realtà che prende concretezza anche nelle ultime operazioni dei carabinieri che in pochi mesi hanno bonificato l’intera fossa dei leoni scoprendo i “loculi “di arsenali potentissimi.

E in questa sorta di “caccia al tesoro” ai Ris potrebbero arrivare pistole o fucili utilizzati anche per qualche azione criminale, non per forza finita nel sangue. Una prova cruciale, magari, per un’inchiesta ancora aperta. Insomma, l’ultimo tassello del puzzle utile a chiudere un crimine ancora senza colpevoli. Quanto rivelerà Fabrizio Nizza può far crollare muri di omertà. L’incubo del carcere e di nuovi processi alimentano le paure dei killer di Cosa nostra.

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26 Gennaio 2015, 06:31

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