19 Marzo 2022, 05:00
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CATANIA – Gli scenari della guerra in Ucraina che coinvolgono la storia e la comunità umana: questo il tema portante della manifestazione “Ucraina/Europa: le ragioni della solidarietà e le prospettive geopolitiche del continente”. Alla testimonianza di due donne della comunità ucraina in Sicilia hanno fatto seguito, nel dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Catania, gli interventi di Monsignor Antonino Raspanti e quelli di esponenti della Protezione Civile e della Croce Rossa. Ma a inquadrare la crisi ucraina nel suo contesto politico e giuridico sono stati soprattutto gli interventi di quattro professori dell’Unict: Pinella Di Gregorio, direttore del dipartimento di Scienze politiche e docente di Storia contemporanea; Salvatore Zappalà, direttore del Dipartimento di giurisprudenza e docente di Diritto internazionale; Felice Giuffrè, docente di diritto Costituzionale; e Stefania Mazzone, docente di storia delle dottrine politiche.
Ad aprire il giro di interventi è stata Pinella Di Gregorio, con un racconto di come la questione ucraina e russa sia radicata nella storia di entrambe le nazioni: “Se dobbiamo ragionare da un punto di vista geopolitico l’area di cui parliamo è, storicamente, quella della pianura europea che divide e unisce il continente asiatico a quello europeo. Da questo punto di vista l’Ucraina è la terra di confine. Il suo stesso nome significa ‘frontiera’, nel senso che è stata la terra di confine tra le orde barbariche che arrivavano da est e il mondo europeo e occidentale. Questa è la ragione geopolitica delle regioni di cui parliamo, e non a caso proprio qui ci fu un confronto tra slavi e ottomani che si giocò fino al XIX secolo: la guerra di Crimea è una guerra che le potenze europee fanno contro l’impero russo che cerca di espandersi verso sud”.
“Se dobbiamo parlare della questione ucraino-russa – prosegue Di Gregorio – dobbiamo assai più propriamente fare riferimento alla prima guerra mondiale. In Europa, fino a quel momento, la forma più diffusa di governo erano gli imperi, e con la caduta di quello russo inizia un processo di ricerca della propria identità nazionale da parte di diversi popoli, incluso quello ucraino. Questo processo si interseca, dopo la rivoluzione, con la guerra ideologica tra armata rossa e armata bianca. Ovvero: ci sono conflitti nazionali che si sovrappongono a quello ideologico. A dispetto di quello che dice Putin, proprio il nome di Unione delle Repubbliche Sovietiche sottolinea l’importanza di ogni nazionalità, ma sotto l’unica insegna dello stato sovietico”.
Salvatore Zappalà, docente di diritto internazionale e consulente delle Nazioni Unite, descrive poi il contesto giuridico in cui può essere inquadrata l’invasione russa: “L’ordinamento internazionale non è come gli ordinamenti interni che conosciamo: non esiste un giudice o poliziotto internazionale da cui si può andare per avere giustizia. Ciò nonostante, abbiamo dei parametri e delle organizzazioni che possono indicare qual è la strada giusta”.
“Il sistema della carta delle Nazioni Unite – dice Zappalà – ha dei meccanismi formali creati per situazioni di violazione della pace. Il Consiglio in questo caso si è riunito e ha presentato una risoluzione, ma un paese membro con diritto di veto, la Russia si è opposto. Il consiglio di sicurezza può chiedere, se bloccato, una votazione senza veto da parte dell’Assemblea generale, la quale si è pronunciata a stragrande maggioranza per la condanna dell’invasione russa. È una cosa molto rara, successa solo altre undici volte, e nella risoluzione si legge ‘L’aggressione della federazione russa all’Ucraina’”
“Cosa ci dice questo? Intanto, che lo stato aggredito può esercitare il suo diritto a difendersi con l’uso della forza. È l’unico caso in cui l’uso della forza è permesso nel diritto internazionale, oltre che con un’autorizzazione del consiglio di sicurezza. Non solo, ma esiste anche la legittima difesa collettiva, autorizzata per coalizioni. Di fronte all’aggressione di uno stato sull’altro, si può aiutare chi è vittima dell’aggressione a difendersi”.
Il ripudio della guerra da parte della Costituzione italiana è stato l’argomento centrale di Felice Giuffrè, che ha parlato dell’articolo undici: “La costituzione – dice Giuffrè – è pacifica ma non pacifista”. Giuffrè ha poi argomentato sulla necessità di una difesa europea, sostenendo che questa crisi potrebbe avere come sviluppo proprio il primo nucleo di una struttura comune a tutti i paesi dell’Unione.
Sul pacifismo come posizione etica e politica si è concentrata invece Stefania Mazzone, che ha analizzato il pacifismo e la richiesta di neutralità di parte dell’opinione pubblica italiana: “Alcuni pacifisti – dice Mazzone – non reputano legittima la resistenza armata a un invasore. Dunque anche la Resistenza italiana al nazifascismo non sarebbe legittima?”
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19 Marzo 2022, 05:00