23 Marzo 2015, 17:30
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PALERMO – Richiesta di rinvio a giudizio per otto operai della Gesip. Sono accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere, violenza, minaccia a corpo politico e amministrativo e interruzione di pubblico servizio. Si tratta di Giacomo Giaconia, Salvatore Spatola, Francesco Madonia, Giuseppe Sanseverino, Maurizio Giannotta, Matteo Fricano, Calogero Cesare Santomauro e Umberto Catanzaro.
Prefetti, sindaci, commissari, capi di gabinetto, poliziotti e finanzieri: secondo l’accusa, nessuno poteva fermare la protesta dei capipopolo della Gesip. A firmare la richiesta di mandarli sotto processo, che passa al vaglio del Giudice per l’udienza preliminare, sono i pubblici ministeri Sergio Barbiera, Enrico Bologna e Calogero Ferrara.
L’ipotesi è che gli indagati avessero dato vita ad “una struttura parallela rispetto alle ordinarie organizzazioni sindacali, il cui connotato saliente era costituito dal carattere violento delle forme di protesta attuate”. Da qui i blocchi stradali tra piazza Marina e Corso Vittorio Emanuele, le occupazioni della sede Gesip di via maggiore Toselli, i cassonetti divelti per le vie della città e gli scontri di piazza.
I telefoni degli indagati erano intercettati. Nelle loro conversazioni facevano capolino parole che sapevano di guerriglia. Uno dei loro bersagli preferiti era il liquidatore della Gesip, Giovanni La Bianca. Di lui Giaconia diceva: “chistu ca…avi mali intenzioni chistu i liquidat…o sinni va cu noiatri o puru u ieccamu i ddà ncapo…”. E Spatola non era più tenero: “Perciò ora si pigghia u culu, ra sieggia, puru i libra, e se ne va, perché non è che ha portato niente.. io non so che cavolo me ne devo fare di La Bianca, non mi ha portato niente completamente, ci ho portato tutte cose io, perciò ora se iddu vuole stare ddarintra ava stare sottoposto a mia, picchì i picciuli i ivu a capitare io, pi campare pi tutti”.
Anche Luisa Latella, il commissario che traghettò l’amministrazione dalla giunta Cammarata alle nuove elezioni, era “oggetto” delle attenzioni degli indagati: “Non è che io va cerco i picciuli e tu Latella vuole veniri a cumannari a me casa?… i dieci milioni non li ha portati la signora Latella, li ha portati un liquidatore.. avi a bieniri a cumannari i picciuli, perché io u vado a cercare rompendogli le palle, mi sembra una cosa un pochettino strana, perciò ci dici o liquidatore che ci convoca subito, lunedì, prima di mettere mano, nni convoca e ..incomp.. parramu nanticchiedda”.
Uno dei picchi della protesta fu certamente l’occupazione dell’ufficio elettorale del Comune in Piazza Giulio Cesare. Era il 2 maggio 2012, pochi giorni prima del voto amministrativo. Secondo gli investigatori, c’era un piano dietro. Il 28 aprile Madonia spiegava a Giaconia: “Cumpà… falli arrivare unne vuonnu cumpà… appena iddi un fannu sta delibera… cumpà…faciemu u maciellu cumpà! ma quale poblema c’è”. Giaconia: “… u capisti chi u 4 maggio ca vieni i venerdì… e duminica e lunedì ci sunnu le elezioni… anzi miegghiu e… anzi aviemu u tiempu tra domenica e lunedì… ho capito avremo u tiempu tra domenica e lunedì di irinni a barricare… iddi si fannu le elezioni e nuatri siemu tranquilli?”. Madonia: “… no cumpà… nuatri tranquilli un ci siemu… ma tu pensi ca io stassi accussì tranquillo cumpà?… s’amu a fari u macellu pi mmia u faciemu…”.
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23 Marzo 2015, 17:30