05 Aprile 2019, 13:01
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PALERMO – Da “Passmai u coppu” a “U coppu”, la strada è breve. E nessuno dei due marchi potrà più essere utilizzato dai titolari di un locale nella centralissima via Etnea a Catania. A stabilirlo è il giudice della quinta sezione civile del Tribunale di Palermo che ha accolto il ricorso dello chef palermitano Natale Giunta, titolare del punto vendita di street food espresso in via Roma a Palermo.
L’attività commerciale catanese è infatti stata ritenuta una “fotocopia” della friggitoria dello chef, aperta nel 2017 e dai chiari segni distintivi all’insegna della sicilianità. Quelle rilevate e che hanno portato ad un provvedimento d’urgenza, sono analogie che nulla avrebbero a che fare con la casualità, anzi. Il nome del negozio, gli arredi, fino all’organizzazione degli spazi e ai menu, sono soltanto alcuni degli aspetti su cui si sofferma l’ordinanza del tribunale, che elenca tutti i punti in comune tra le due attività. Eppure, fino allo scorso dicembre, nonostante Giunta avesse già depositato il marchio da tempo, avviando anche un progetto di affiliazione, nessuna apertura col marchio “Passami u coppu” era stata autorizzata.
“Io e mia sorella Francesca, che amministra l’azienda, siamo stati contattati da un amico che a Catania aveva notato l’estrema somiglianza di quel locale con il nostro – spiega lo chef noto per la sua partecipazione alla trasmissione “La prova del cuoco” -. Le fotografie parlavano già chiaro, ma poi sul posto è stato evidente che ci avevano copiato. Eravamo stupiti. Il titolare l’anno scorso mi aveva chiesto informazioni sul franchising, che resta l’obiettivo della mia azienda e si basa su un regolamento ben preciso. Poi ha aperto autonomamente, affidandosi tra l’altro alla stessa ditta che fornisce in esclusiva i nostri arredi e le nostre attrezzature. Una vicenda che rischiava di danneggiare il nostro progetto – prosegue – che prevede già l’apertura di altri venti punti vendita in tutta Italia con elementi interni tutti brevettati, dai lampadari, ai quadri ai menu. Uno dei nostri affiliati sarà anche all’interno dell’area food del centro commerciale Forum”.
“Rispetto al marchio utilizzato e registrato da Giunta con richiesta nel marzo del 2018 – si legge sull’ordinanza – quello del locale etneo presenta evidenti similitudini. Anzitutto per l’uso dell’espressione “U coppu”, pur se non preceduta da espressioni verbali, ma anche per la scelta dei caratteri utilizzati, per la cornice romboidale, per l’uso delle decorazioni floreali e per la raffigurazione del coppo. Le due immagini – viene precisato – appaiono sovrapponibili, l’una evocatrice dell’altra, quindi le poche differenze cromatiche e stilistiche le rendono difficilmente distinguibili”.
Ma un altro aspetto su cui si sofferma l’ordinanza è quello dell’illecito concorrenziale, visto che anche l’organizzazione interna della friggitoria in via Etnea è stata considerata molto simile a quella del locale di Natale Giunta, nonostante l’assenza di una vera e propria richiesta di affiliazione: “Si evidenziano molte caratteristiche comuni, ovvero l’area di cottura a vista, il bancone alto e decorato con mattonelle di ceramica, il separatore di vetro trasparente con profili di acciaio, al di sopra del quale è collocato un tabellone con l’esposizione grafica delle pietanze. Inoltre – viene sottolineato – all’interno dell’area cottura si trovano pannelli aspiratori con griglie in diagonale sullo sfondo e a disposizione dei clienti c’è una lunga e larga mensola di legno, appoggiata alla parete con sgabelli alti di legno con paglia intrecciata”.
Insomma, troppe le caratteristiche in comune tra le due attività, che confrontate, sembrerebbero appartenere alla stessa azienda. “Le analogie rilevate anche nell’arredo – continua il giudice – rischiano di creare confusione sulla riconducibilità del marchio, che sembrerebbe così legato alla stessa iniziativa imprenditoriale”. Il tribunale ha così vietato qualsiasi utilizzo di entrambi i marchi ai titolari de “U coppu”, che dovranno modificarlo entro sette giorni e non potranno neanche diffonderlo con corrispondenza commerciale e materiale pubblicitario. Inoltre, il nome non potrà più apparire nella presentazione dei prodotti gastronomici in vendita e nei menu all’interno e all’esterno del locale. Un provvedimento immediatamente esecutivo che costerà cinquecento euro al giorno ai titolari dell’attività, nel caso in cui non venisse rispettato.
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05 Aprile 2019, 13:01