“Hanno paura degli uomini…”

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05 Settembre 2010, 05:04

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Il cane, il randagio impiccato ad un cassonetto qualche giorno fa a Palermo, si chiamava Gaetano. Era quello il nome che gli aveva dato la gente del quartiere. A raccontarlo è Adriana Ferrante, animalista palermitana, volontaria della Lega nazionale per la difesa del cane, che da diciotto anni gestisce il Rifugio del cane abbandonato alla Favorita. “In tutti questi anni, di cani dal nostro rifugio ne sono passati tanti – racconta Adriana – abbiamo visto maltrattamenti, abusi, lesioni. Ma sono due, i denominatori comuni di tutti gli animali abbandonati: la tristezza e la paura della mano umana, probabilmente a causa delle percosse ricevute”. Adriana racconta la vita del rifugio e le storie dei suoi amici a quattro zampe col trasporto di chi quel luogo lo vive quotidianamente. Come per la storia di Penny, una cagnolina abbandonata e maltrattata: “Ci abbiamo messo più di un mese – racconta – prima di riuscire ad avvicinarla senza che lei avesse paura di noi. Ogni volta che ci avvicinavamo tremava, la coda tra le gambe, e piangeva. Di cani così spaventati ne vediamo, purtroppo, sempre più spesso”.
E ancora, Adriana Ferrante racconta la storia della denuncia che le associazioni animaliste hanno sporto contro il direttore del canile municipale di Palermo e l’assessorato regionale alla Salute responsabili, secondo l’accusa, di aver fatto morire d’insolazione un rottweiler abbandonato che nessuno dal canile, nonostante le numerose segnalazioni, sarebbe andato a recuperare. “L’aggressività dei randagi è assolutamente dovuta all’abbandono o ai maltrattamenti subiti dopo l’abbandono. A Palermo – continua Ferrante – non ci sono randagi pericolosi in assoluto, basta non molestarli. Piuttosto il punto è che dal Comune occorrerebbe una sensibilità maggiore. Il nostro rifugio, come tanti altri, affronta ogni anno le spese di gestione della struttura senza ricevere alcun contributo dall’amministrazione. E poi bisognerebbe attivare una seria lotta al randagismo, a partire dalla sterilizzazione dei cani vagabondi”.
Qualche storia a lieto fine, però, c’è: è il caso di Semola, un barboncino di 11 anni che un anziano signore, rimasto vedovo il mese precedente, portò al rifugio. “L’uomo ci disse che il cane era della moglie e che senza di lei non se la sentiva di prendersene cura. Ci sembrò di averlo convinto a non abbandonarlo, ma dieci minuti dopo che il signore andò via, una coppia di turisti bussò alla nostra porta. Tenevano al guinzaglio il barboncino, lo avevano trovato legato a un palo. Oggi Semola vive a Roma, è stato adottato da una coppia di ragazzi che si sono sposati la scorsa settimana. Ci hanno pure mandato le foto”. Insomma, tanto lavoro, nessun contributo pubblico, ma l’attività del rifugio continua. Il ricevimento al pubblico è attivo tutti i giorni, dal lunedì al venerdì, dalle 15 alle 18, il sabato dalle 13 alle 16 e la domenica dalle 11 alle 14.

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05 Settembre 2010, 05:04

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