11 Ottobre 2010, 13:34
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“Una bomba piazzata in un edificio non è solo una questione soggettiva, personale, ma un messaggio alla collettività e non si può fare passare come se niente fosse. Nel palazzo ci sono 19 famiglie, l’ordigno l’ha sventrato, sembrava Beirut”. Alessandro Rizzo, imprenditore edile messinese, ha subito un attentato nel novembre del 2009, quando era vice-presidente di Confindustria Messina, presidente in pectore dei Giovani industriali e componente della commissione regionale. Oggi è fuori dall’associazione di categoria, dimessosi in polemica con i vertici messinesi. Il suo errore? “Aver fatto della cattiva comunicazione”. Alessandro Rizzo non lo nomina mai, ma il suo riferimento è a Ivo Blandina, presidente degli industriali messinesi. Gli rimprovera di averlo “censurato”. Ma andiamo con ordine.
“Il giorno dopo l’attentato ho presentato la denuncia ai carabinieri, ma, nelle condizioni psicologiche nelle quali mi trovavo, non ho fatto istanza di essere informato su una eventuale archiviazione del caso – racconta Rizzo – mi hanno assegnato la scorta e per nove mesi la mia vita è stata blindata”. E poi “mi tolgono la tutela, quindi penso che le indagini si avviassero alla conclusione. Ho fatto un’intervista al Giornale di Sicilia e alla Gazzetta del Sud, ringraziando il prefetto, i carabinieri e tutte le istituzioni che si sono prodigate per risolvere la questione”. Ma invece le cose non stavano così. “Qualche tempo dopo apprendo, dai giornali, che l’inchiesta è stata archiviata”.
Ed ecco che scoppia il caso. “Ho espresso il mio sgomento sull’archiviazione, soprattutto dopo aver ricevuto altri atti intimidatori (vetri rotti, ingiurie) e due avvisi di prolungamento delle indagini. La mia vita, già stravolta, adesso è avvolta dal dubbio. Chi è stato? Perché? E sono stato riportato all’ordine, ‘il mio comportamento non era comunicativo’. Ma la bomba l’ho ricevuta io. Qualunque cittadino avrebbe fatto quell’appello, perché l’autore non è stato assicurato alla giustizia e serve una verità da portare in famiglia”.
Un problema di ‘comunicazione’, dunque. “Ritengo che la comunicazione è un mezzo – spiega Rizzo – per raggiungere l’ideale ma, in questo caso, l’ideale viene soppiantato dalla comunicazione che prende il sopravvento”. Non è dello stesso avviso Ivo Blandina. “Posso dire solo che Rizzo si è sbagliato – spiega – e la cosa paradossale è che il mio intento, dal punto di vista umano ma anche per l’istituzione che rappresento, era quello di proteggerlo. Questa è la strategia di comunicazione. Sono nel direttivo di Confindustria dal 2007, ho partecipato alla famosa riunione di Caltanissetta che ha stabilito un certo rigore nello stile. Ora lui può dire quello che vuole, la nostra reazione non arriverà, non ho nessuna intenzione di farmi trascinare nella rissa mediatica”.
Blandina racconta come abbia richiamato Rizzo, in via informale, non con un atto ufficiale dell’associazione, “perché parla senza sapere la portata dell’archiviazione del suo caso, non sa neanche che ci sia stata l’archiviazione. Quelle dichiarazioni danno un grande allarmismo e accendono l’attenzione su di lui, in un momento in cui resta senza scorta. Gli ho detto semplicemente ‘devi stare calmo’. C’ho provato ma non ci sono riuscito. Così le sue dimissioni sono coerenti, perché questo comportamento non ha nulla a che fare con noi”. Aggiunge poco altro Ivo Blandina, manifestando una grande preoccupazione nei confronti di Rizzo e una profonda amarezza per come sono andate le cose.
Questa storia chiama alla mente quella “tamurriata” che fu rimproverata a Libero Grassi dai vertici di Confindustria Palermo prima che venisse ucciso da mani mafiose. Ma “non c’è alcun parallelismo – dice Rizzo – Libero Grassi è un eroe reale, si è schierato contro l’organizzazione che comandava in tutta la Sicilia. Questo, invece, è una realtà particolare, è una strana forma di vessazione societaria. Questa è una storia che ha una piega nuova, differente, ma eseguita con i vecchi sistemi”. Cioè? “Il silenzio e l’indifferenza significano non vedere il vero problema, sia da un punto di vista soggettivo che oggettivo”. Alessandro Rizzo getta quindi un sospetto. “L’idea che mi sono fatto è che sia una cosa molto raffinata, chiunque l’ha congegnata l’ha fatta in modo preciso, per confondere le acque”. E chiude raccontando un fatto: “Mi è stato impedito di incontrare il sottosegretario Mantovano inventando che avessi una colica renale”. Fatto “assolutamente falso” per Blandina.
(nella foto il tribunale di Messina)
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11 Ottobre 2010, 13:34