Cronaca

I Badalamenti scovano un errore|Beni ridati ai figli di don Tano

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29 Luglio 2020, 06:06

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PALERMO – Pochi giorni fa un uomo si presenta al Comune di Cinisi per depositare una lettera all’ufficio protocollo. Non è una lettera qualunque e non è un uomo qualunque.

Si tratta di Leonardo Badalamenti, uno dei figli di don Tano Badalamenti, e chiede la restituzione di un bene. È lui il “legittimo proprietario”, pertanto vuole le chiavi e intima all’amministrazione comunale di sgomberare l’immobile. Ha ragione, perché quel bene gli è stato restituito il 2 luglio scorso con una sentenza della Corte di assise di Palermo che ha revocato la confisca.

Il passato ritorna

Sembrava un capitolo chiuso e invece Badalamenti rientra in possesso di un fabbricato rurale e di un capannone in contrada Uliveto. Il Comune di Cinisi, negli anni scorsi, dopo che i beni gli erano stati stati assegnati dall’agenzia nazionale per i beni confiscati, li ha ristrutturati spendendo centinaia di migliaia di euro di fondi europei.

I locali sono pronti per ospitare il mercato ortofrutticolo, un centro per la valorizzazione della vacca cinisara e attività legate alla memoria di Peppino Impastato grazie al centro che porta il suo nome, la cui anima è il fratello Giovanni. Nulla di tutto ciò potrà essere più fatto sulla base della sentenza.

Restano in confisca invece altri beni che Gaetano Badalamenti, storico boss del narcotraffico e condannato per l’omicidio di Peppino Impastato, aveva lasciato in eredità ai figli Leonardo e Vito.

Leonardo Badalamenti

Leonardo Badalamenti una decina di anni fa era finito nei guai ma uscì indenne dall’inchiesta denominata “Mixer-Centopassi” (chiaro il riferimento alla storia di Peppino Impastato”. Se n’era andato a San Paolo, in Brasile, dove si faceva chiamare Carlos Massetti, e finì sotto inchiesta per truffa e corruzione, aggravate dall’aver agevolato Cosa Nostra.

Secondo l’accusa, che non ha retto, aveva realizzato una serie di operazioni finanziarie in Sudamerica con bond venezuelani falsi. Oggi vive a Castellammare del Golfo.

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Vito, da latitante a uomo libero

Diversa la storia dell’altro figlio, Vito, che nel 2002 fu inserito nella lista dei latitanti più pericolosi d’Italia. Era stato condannato a 6 anni nel processo “maxiquater” istruito da Falcone e Borsellino e si diede alla latitanza.

Nel 2012 la Corte d’appello di Palermo accolse il ricorso della difesa. Qualora la pena non venga eseguita in un tempo doppio rispetto a quello della condanna interviene la prescrizione.

L’incidente di esecuzione

Il 23 maggio 2018 gli avvocati Vito e Antonino Ganci hanno proposto un incidente di esecuzione per conto di Leonardo Badalamenti. Per la verità è stato un secondo tentativo per cercare di riavere i beni che gli erano stati confiscati assieme al fratello e alla madre, Teresa Vitale.

Leonardo Badalamenti ha sostenuto una duplice motivazione: da un lato non avrebbe mai saputo del processo chiuso nel 2008 con la confisca milionaria e poi molti alcuni beni appartenevano a persone che nulla avevano a che fare con il padre. In particolare, apparterrebbero alla vedova del capomafia, morto nel 2004 in un carcere americano dove stava scontando una condanna per traffico di droga.

Le società in confisca

Il collegio (presidente Sergio Gulotta, giudice estensore Monica Sammartino) ha confermato la confisca di tutti i beni e respinto la tesi che Leonardo Badalamenti non fosse stato messo nelle condizioni di difendersi. Restano di proprietà dello Stato le aziende “Rivestimenti spa” con sede a Cinisi e una quota della “Copacabana spa” con sede a Capaci perché frutto degli investimenti illeciti del padre che si era arricchito con la droga. I figli non avevano denaro sufficiente che giustificasse gli investimenti.

L’errore

Al contempo, però, i giudici hanno preso atto dell’errore che riguarda il fabbricato rurale e il terreno in contrada Uliveto. Una perizia ha fatto emergere che si tratta di beni donati a don Tano Badalamenti, e a titolo gratuito, dalla sorella Fara Maniaci nel 1977. Erano finiti prima sotto sequestro e poi in confisca per un errore nella trascrizione della particella. Un errore materiale, dunque, che è stato corretto.

Il nuovo ricorso

Gli avvocati Vito e Antonino Ganci guardano oltre. Ritengono che anche per gli altri beni la partita sia ancora aperta e hanno già fatto ricorso in Cassazione.

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29 Luglio 2020, 06:06

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