09 Settembre 2012, 10:10
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Da quando la Balena bianca è morta sotto gli arpioni della Procura di Milano, l’impegno politico dei cattolici ha assunto una connotazione che potremmo definire di ‘diaspora’. Sepolto il partito unico, i cattolici in politica si sono accasati in diverse formazioni politiche e hanno provato a far sentire la loro voce da posizioni differenti dell’emiciclo parlamentare, tentando di ritrovarsi il più possibile almeno sui cosiddetti “valori non negoziabili”, che a lungo andare sono diventati la bandiera dei cattolici in politica.
Questo cambiamento che ai più sembrerà solo formale, in realtà è però un cambiamento sostanziale che si può cogliere senza dubbio in una diversa qualità di questa presenza che Ernesto Galli della Loggia non ha esitato a definire ‘irrilevanza’. Galli della Loggia in un interessante articolo dello scorso giugno sul Corriere della Sera ha descritto questa ‘irrilevanza’ nei seguenti termini: “l’impressione è che nel campo cattolico tutto tenda a ridursi tra i fedeli ad un certo astratto moralismo, e al vacuo, sempre prevedibile, precettismo delle relazioncine somministrate mensilmente nelle riunioni della Cei”. Un commento duro ma che descrive bene questa irrilevanza dei cattolici in politica, che dunque non è politico-partitica, ma di idee, di opinioni, di progetti sull’Italia che verrà.
Tuttavia sembra che il dibattito sui cattolici in politica si sia in un certo senso incartato sul dibattito ‘partitico unico sì-partitico unico no’, e il fiorire di iniziative partitiche cattoliche, non ultima quella di alcuni preti palermitani, dimostrano che probabilmente non si sono ben compresi i termini e l’essenza stessa della questione. All’irrilevanza politica dei cattolici c’è rimedio, rimedio che però non va cercato nelle alchimie politiche perché l’impossibilità di formare un partito cattolico e l’irrilevanza politica dei cattolici sono figli del grande cambiamento del cattolicesimo. La questione dunque non è politica ma squisitamente teologica, e per la precisione ecclesiologica.
Il partito unico dei cattolici oggi è impossibile perché non esiste più il monolite del cattolicesimo romano, ma, nonostante la Chiesa istituzionale si ostini a far finta di niente, esiste un ‘cattolicesimo liquido’, per usare un aggettivo caro a Zygmunt Bauman, plurale e con diverse sensibilità ai limiti dello ‘scisma sommerso’ evocato in un celebre saggio di Pietro Prini. Il partito unico era il percorso più naturale in politica per una “cattolicità solida”, oggi alla luce dell’evoluzione del mondo cattolico il modello del partito unico non è più proponibile.
La strada allora è quella di ripensare la presenza politica dei cattolici, una presenza che va rivista alla luce del grande dibattito che inevitabilmente animerà la Chiesa cattolica nei prossimi anni e che necessariamente dovrà portare ad una nuova comprensione ecclesiologica.
I cattolici dovranno fare i conti con la pluralità, non solo della società ma anche del mondo cattolico. Ecco perché più che di cattolici bisognerà parlare di cristiani, per includere le diverse sensibilità, le legittime diversità ed aprirsi a livello ecumenico.
Perché i cristiani ritornino alla politica, perché riescano a tornare ‘lievito’ per usare un’immagine evangelica, i cristiani dovranno tornare all’essenzialità liberante del messaggio evangelico. Forse negli ultimi anni si è prestato più attenzione a documenti o a note, oggi bisogna tornare senza esitazione al Vangelo. Non c’è manifesto o documento programmatico che tenga di fronte al Vangelo, e la presenza dei cristiani in politica non può prescindere da esso.
La presenza cristiana in politica non riparte dalle alchimie politiche, ma alla luce del Vangelo e concretamente, ad esempio, da una scelta fondamentale per i poveri. I poveri nella Sacra Scrittura sono gli oppressi, i curvati, secondo un termine ebraico che è entrato a far parte della spiritualità cristiana. I poveri sono gli anawîm, i sottoposti, nei confronti dei quali Dio si curva, diventa il misericordioso perché volge lo sguardo ai miseri. L’opposto dei poveri nella Bibbia non sono i ricchi, ma i potenti, quei potenti che, nel Magnificat, “vengono rovesciati dai loro troni”.
Ecco, il posto dei cristiani nella politica e nella società è accanto ai poveri, chinati su ogni forma di povertà umana. E questa non è anti politica, e nemmeno criptosocialismo. E’ solamente Vangelo.
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09 Settembre 2012, 10:10