01 Febbraio 2018, 07:23
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PALERMO- Più di trenta misure cautelari, di cui la stragrande maggioranza in carcere o agli arresti domiciliari. Più di quaranta agenzie sequestrate. Accuse di mafia e riciclaggio. C’è tutto questo nell’inchiesta della Procura di Palermo che coinvolge Benedetto Bacchi, uno dei nomi più noti del settore del gioco in Sicilia e nel resto di Italia. Titolare del marchio “B2875” con sede legale a Malta.
TUTTI I NOMI DEI DESTINATARI DEI PROVVEDIMENTI
I poliziotti della Squadra Mobile, diretta da Rodolfo Ruperti, lo hanno arrestato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo i pubblici ministeri, Bacchi incarnerebbe la figura dell’imprenditore “mafioso colluso”. Partendo da Partinico, paese dove ha la residenza, avrebbe creato un impero siglando un patto con i boss. Pagava profumatamente i clan mafiosi di tutti i mandamenti di Palermo e in cambio avrebbe ricevuto protezione e appoggio per creare un monopolio nel settore delle scommesse.
Grazie alla presenza di un socio di peso, il mafioso partinicese Francesco Nania, Bacchi avrebbe trovato terreno fertile fra le famiglie palermitane che facevano a gara per entrare in affari con lui. Non solo scommesse sportive on line, anche siti di casinò gestiti da società con sede all’estero. Un circuito parallelo che sfugge al controllo dello Stato, composto da siti e 700 agenzie sparse su tutto il territorio nazionale con guadagni che superano il milione di euro al mese. La parte delle famiglie mafiose variava tra 300 e 800 mila euro all’anno.
Sergio Macaluso, oggi pentito, e Filippo Bonanno, arrestati a dicembre con l’accusa di avere fatto parte del mandamento di Resuttana, lo chiamavano “Nini’”. Avevano in programma di “farlo entrare a Resuttana”. Bacchi gli aveva proposto di aprire un “pannello” per le agenzie già esistenti sul territorio di Resuttana. Ed ecco il cuore della questione: con il potere intimidatorio di Cosa Nostra era facile convincere i titolari dei centri scommesse ad affiliarsi ai marchi di Bacchi. Bonanno mal digeriva, però, gli accordi fissati dall’imprenditore: “… lui ve nelle agenzie e ci dice qua s… il trucco sai qual è ?… qua farci trovare il 20% di gioco e l’80 % va tutto a me… e tu vai a trovare le bucce”. Nel solo territorio di Resuttana “ha 18 agenzie”, diceva Macaluso.
Bacchi poteva fare la voce grossa e imporre le condizioni dell’accordo. A conti fatti ai mafiosi di Resuttana , però restava una bella somma: “… le bucce devono almeno essere due, tre mila, quattro mila euro al mese, questo si parla”.
E poi c’erano le agenzie aperte direttamente dai mafiosi o dai loro parenti e le macchinette video poker piazzate in ogni bar della città. Il mondo delle scommesse e dei giochi online è ormai una gigantesca lavatrice di denaro sporco. I soldi ripuliti sono stati poi investiti in tante altre attività apparentemente lecite. In ogni inchiesta per mafia degli ultimi anni è emerso l’interesse del singolo mafioso per una o più agenzie di scommesse. Il lavoro del procuratore Francesco Lo Voi, dell’aggiunto Salvatore De Luca e dei sostituiti Amelia Luise, Annamaria Picozzi e Roberto Tartaglia arriva al cuore del sistema. Dietro la stragrande maggioranza degli affari ci sarebbe la figura di Bacchi, in grado di sfruttare canali privilegiati e connivenze nella pubblica amministrazione, grazie all’aiuto di alcuni professionisti.
Dalle indagini è anche emerso che i mafiosi di Partinico, con la complicità di un commercialista campano, Michele De Vivo, avevano organizzato un import-export di prodotti alimentari con gli Stati Uniti. Da qui il sequestro di alcune società che valgono milioni di euro.
Bacchi guadagnava fiumi di denaro: secondo gli inquirenti fino a un milione di euro al mese. A rendere noto il particolare emerso dall’inchiesta è il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi. “Parte del denaro – spiega il procuratore – andava alle famiglie mafiose con cui Bacchi aveva stretto un vero e proprio accordo contrattuale. Le somme erano ripartite a seconda del volume d’affari dei punti scommesse distribuiti nelle varie aree di influenza mafiosa”. Il resto del guadagno Bacchi e il suo socio occulto, il boss Francesco Nania, andava reinvestito. “Nania aveva avviato una attività di import export di alimentari. – spiega Lo Voi – Bacchi, attraverso prestanomi si mette a studiare come reinvestire: compra terreni, immobili, finanziamenti imprese edilizie, imprese legate alle energie rinnovabili, ipotizza anche l’acquisto di testate giornalistiche: prima il Giornale di Sicilia, poi Livesicilia, ritenuto, si sente nelle intercettazioni, “più cool”. Nessuna delle due iniziative va a compimento. Dall’inchiesta viene fuori che ci sarebbero stati contatti con Livesicilia l’anno scorso. “Chi in Livesicilia ha avuto contatti con Bacchi- spiega Lo Voi – non è coinvolto nelle indagini e non ha avuto alcun rapporto con la mafia”.
“L’interesse di Bacchi per il gruppo imprenditoriale Live Sicilia – scrive il giudice Antonella Consiglio nell’ordinanza di custodia cautelare – mostra la sua personalità camaleontica e opportunista di intrattenere contemporaneamente rapporti con soggetti appartenenti alla consorteria mafiosa e con soggetti e attività imprenditoriali notoriamente schierati nella lotta alla criminalità organizzata, in quest’ultimo caso con l’intento di una ripulitura della propria immagine di imprenditore irreprensibile con l’aspettativa di cancellare o quantomeno celare le origini del suo straordinario successo imprenditoriale”.
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01 Febbraio 2018, 07:23