I peccati della sanità siciliana

I cinque peccati capitali della Sanità siciliana

Il cambio in assessorato, i problemi. E i cinque peccati

Proviamo a tirare le somme dei giorni concitati della Sanità siciliana, culminati nel cambio ai vertici dell’assessorato alla Salute.

La sovrabbondanza di cronache ha tratteggiato un panorama di disagi, dimissioni e polemiche, con l’interventismo crescente del presidente della Regione, Renato Schifani. Basta rileggere le ultime e penultime puntate, per farsi un’idea.

Sintesi e riflessione, dopo l’avvicendamento raccontato dal nostro Salvo Cataldo con tempismo e dovizia di particolari, la offriamo alla neo-assessora, Daniela Faraoni, come supplemento delle sue ampie conoscenze sul ‘sistema’.

La ‘rivoluzione’ di Schifani

L’elemento basilare sembra evidente. Il presidente Schifani è intenzionato ad andare fino in fondo, con un piglio che non guarda in faccia nessuno. La sostituzione assessoriale, sia pure con la forma delle dimissioni per ragioni personali dell’assessora Giovanna Volo, lo dimostra. Di fatto, si tratta della presa di coscienza di un obiettivo – migliorare la Sanità siciliana – non raggiunto. Da qui la necessità di una scossa.

I peccati della Sanità siciliana

C’è bisogno di una ‘rivoluzione’. La Sanità siciliana rappresenta un cliente tostissimo. Da anni, i pazienti di questa terra battono la testa contro le sue contraddizioni. E hanno pure dovuto sopportare le retoriche, l’allargamento delle braccia, mille formule evasive. Il settore ha moltissimi problemi, anche per elementi oggettivi e generali. Ma poi ci sono cinque peccati capitali, alcuni condivisi, altri esclusivi (volendo, se ne possono trovare di più), che aumentano, nello specifico, lo spessore della difficoltà. Eccoli.

Gli ‘equilibri’

In un mondo perfetto, gli incarichi direttivi vengono distribuiti secondo l’esclusivo principio cristallino del merito. Essendo il nostro un mondo imperfetto – e tanto ne abbiamo scritto – non è illogico immaginare che gli equilibri politici, in Sanità, come altrove, abbiano un peso non secondario. Questo, ovviamente, non esclude le capacità dei prescelti.

Tuttavia, un dato simile finisce con l’essere un molesto convitato di pietra. Un meccanismo che considera quegli equilibri come requisito può chiudersi in se stesso, perdere le sue relazioni più sane, le sue valutazioni oggettive e perfino il senso della misura. Si precipita, allora, in un cortocircuito autoreferenziale, in una stagnazione, che sbarra il passo al vento impetuoso delle novità, carico di potenziali miglioramenti. E’ il peccato originale e da riformare. Vedremo il seguito.

L’inerzia

Se le cose non vanno bene, si affacciano inerzia e rassegnazione. Così, nelle pieghe di macerie reali, non è impossibile che si instauri il seme dell’immobilismo, all’interno delle catene di comando e, via via, a cascata.

Mettere sotto i riflettori le dinamiche negli ospedali e nelle strutture sanitarie a vario titolo appare opportuno per segnalare eventuali disfunzioni. Chi agisce correttamente non avrà mai nulla da temere.

La retorica

La retorica, il terzo peccato, andrebbe accuratamente evitata. I medici, gli infermieri, il personale li abbiamo chiamati ‘eroi’ – e non senza ragione – in corso estremo di pandemia, quando pensieri, vocaboli, sentimenti erano ingigantiti dalla paura. Ogni bravo professionista dovrebbe, comunque, rifuggire le iperboli, restando pago della serena consapevolezza del lavoro compiuto.

Chi si adopera negli ospedali ha il diritto di svolgere le mansioni prescritte nelle migliori condizioni – e siamo lontani dal traguardo -. Al tempo stesso, una Sanità trasparente, deve garantire il diritto al giudizio motivato e civile, caso per caso. Siamo cittadini perché non esistono argomenti tabù, né deleghe in bianco.

La violenza

La truce violenza contro chi indossa un camice – immancabilmente inaccettabile e degna della più ferma condanna – ha raggiunto livelli di assoluta non tollerabilità. Aggredire un medico vuol dire distruggere un vincolo di solidarietà. Chi commette azioni del genere deve essere severamente punito.

Esiste, poi, una oggettiva ‘violenza quotidiana’, contro chi soffre, irrisolta – per una congerie di motivazioni – da una Sanità pubblica che, spesso, non riesce più a fornire un livello decente di diagnosi e cura.

Le strumentalizzazioni

La Sanità è un terreno di polemiche politiche infinite. Sarebbe meglio ridurre la quota delle strumentalizzazioni che hanno l’unico obiettivo di colpire ‘l’avversario’.

L’accensione continua del contraddittorio, da qualunque zona del campo si solleciti, crea un clima ancora più teso, in un ambiente non semplice. Il risultato? Pagano i sofferenti. L’ultimo peccato non è meno grave dei precedenti.

Ma la speranza c’è…

Ma la speranza resiste, soprattutto se guardiamo a chi si spende, materialmente, sul campo. Tanti che stanno male ci raccontano di ricoveri in reparti siciliani in cui regnano efficienza, pulizia e comprensione, nonostante le difficoltà quotidiane.

Ci raccontano di medici, infermieri e operatori – tra giovani e meno giovani – sinceramente dediti alla cura, nella sua dolorosa complessità. A questi coscienziosi professionisti vanno il nostro abbraccio e la nostra gratitudine. Sono persone che onorano la propria missione e la terra in cui vivono.


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