06 Maggio 2021, 05:37
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CATANIA – L’inchiesta Sotto Scacco documenta due mondi lontani ma paralleli. Da una parte la ribellione di legalità del re dei torroncini Giuseppe Condorelli che denuncia senza remore. E dall’altra imprenditori che diventano “cassaforte” e “bancomat” del clan. Luce e tenebre. Giorno e notte. La testimonianza dell’imprenditore di Belpasso sta facendo il giro d’Italia mostrando il volto più bello della Sicilia. Ma leggendo le oltre 2500 pagine dell’ordinanza firmata dal gip Maria Ivana Cardillo purtroppo viene fuori quella zona grigia che ancora oggi inquina il tessuto economico etneo.
Angelo Nicotra è il gioielliere che avrebbe – dal 2018 al 2019 – permesso a Pietro Puglisi, uomo di vertice degli Assinnata di Paternò, di “investire ingenti somme di denaro provento delle attività illecite del clan mafioso acquistando preziosi, orologi di valore e gioielli con oro e brillanti senza fattura e senza lasciare traccia nei registri aziendali dell’effettivo acquirente e con la possibilità per il Puglisi, non appena ne avesse bisogno per finanziare le attività illecite del clan, di vendere, tramite Nicotra, i preziosi stessi per ottenerne immediata liquidità che gli serviva per il finanziamento di attività illecite”.
Nicotra e Puglisi sarebbero legati da un rapporto molto confidenziale. E il gioielliere conoscerebbe bene anche i trascorsi giudiziari del boss paternese. In molti dialoghi captati dagli investigatori i due parlano di processi e inchieste. Addirittura Puglisi annuncia a Nicotra che “a breve potrebbe essere coinvolto in un blitz”. L’operazione è scattata come aveva previsto, anche se ha nettamente sbagliato i tempi.
Rolex, anelli e lingotti d’oro. Di questo discutono i due indagati. Il 14 luglio 2018 Angelo Nicotra parlando con una sua dipendente le annuncia che in gioielleria sarebbe passato Pietro Puglisi. Questi gli avrebbe consegnato una busta con due mila euro che avrebbe dovuto a sua volta dare a un uomo che a sua volta avrebbe lasciato un “Rolex” proprio per Puglisi. Nicotra è molto preciso nel dare le istruzioni: “Ti lascerà una busta con duemila euro, entra e se ne va, tu conti la busta e la metti da parte. A quel punto, quando ha lasciato l’orologio Rolex e tu gli hai dato quello, mi chiami subito che io faccio tornare il signor Pietro Puglisi, lo metti in un angolo del negozio, prendi sto Rolex e glielo devi fare provare..”
Nicotra sarebbe stato anche una sorta di ‘consulente finanziario’ del boss. Il 28 agosto del 2018 i carabinieri ascoltano in diretta i consigli del gioielliere a Puglisi. La proposta è quella di “investire somme di denaro all’estero acquistando lingotti d’oro tramite un promotore finanziario di sua conoscenza”. “Allora il discorso qual è? Il discorso è questo, se tu hai un euro che non ti serve nel lavoro, chiamiamolo il vecchio guadagno che ora non c’è più. Lui li porta in Svizzera per fare un acquisto di lingotti e mantiene il rendimento…”
Ma nel mese di agosto, gli incassi del clan sembrano non andare molto bene. Ed infatti, Puglisi ha bisogno di contanti e chiede a Nicotra una mano. “Vuoi che spingo anche gli anelli? Ti serve liquidità?”, chiede il gioielliere. “Mi serve liquidità a me…”, risponde Puglisi. I soldi poi gli sarebbero servirti soprattuto a settembre visto che in programma ci sarebbe stata “una grossa operazione con gli albanesi”. La richiesta è di “8 mila euro liquidi”. Ma Nicotra non può accontentare Puglisi. Nell’immediato infatti avrebbe potuto ricavare al massimo “3 o 5 mila euro”.
L’accusa nei confronti del gioielliere, da due giorni ai domiciliari, è riciclaggio. La prossima settimana, quando ci sarà l’interrogatorio di garanzia davanti al gup, potrà chiarire la sua posizione. E soprattutto potrà dare la sua versione dei fatti in merito alle decine e decine di intercettazioni registrate dai carabinieri. Questo sempre se deciderà di rispondere alle domande della gip.
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06 Maggio 2021, 05:37