13 Settembre 2019, 19:47
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PALERMO – Giovani medici non specializzati nei pronto soccorso? La proposta di Ruggero Razza non piace al rettore dell’università di Palermo, Fabrizio Micari: “È una misura preoccupante”. E critiche arrivano anche dalle Sedi siciliane dell’Associazione Italiana Giovani Medici, il Sigm: “Il rischio è quello di condannare in un limbo alcune centinaia di giovani medici”.
Ieri l’assessore alla sanità Ruggero Razza ha chiarito quali sono i criteri che hanno ispirato le scelte del governo sulla decisione di mandare nelle corsie d’ospedale i giovani medici che pur essendosi abilitati non sono riusciti ad entrare nelle scuole di specializzazione. Nei giorni scorsi, infatti, Live sicilia ha diffuso i dati sulla misura pensata per rispondere al fabbisogno di circa 300 medici nei proto soccorso dell’Isola: selezionare 300 giovani che prima faranno, al costo di oltre duemila euro, un corso di formazione al Cefpas, l’ente di formazione siciliano della sanità e poi lavoreranno nei reparti di emergenza urgenza delle aziende sanitarie per due anni.
Nella diretta Razza si è difeso e ha attaccato chi lo criticava, specie sul punto per cui la misura metterebbe in discussione la formazione universitaria. “È una difesa baronale – ha detto l’assessore alla Sanità – noi abbiamo agito nel rispetto delle regole. Con questa iniziativa abbiamo immaginato un’azione immediata che tiene conto della necessità indispensabile di riconoscere diritti ai cittadini. Per questo andiamo avanti in modo più convinto”.
Proprio in queste ore però è proprio l’accademia a rispondere a Razza. “Ciò che preoccupa maggiormente – si legge in una nota del rettore dell’università di Palermo – è il raggiungimento della qualità della formazione richiesta ai fini dell’espletamento di attività destinate alla tutela della salute pubblica”.
Per il rettore Micari è paradossale che in Europa per lavorare nei pronto soccorsi “è richiesto l’espletamento di un percorso specialistico almeno quinquennale in ambito urgentistico (Decisione Delegata Ue 2016/790) ovvero un’integrazione di durata almeno biennale di una precedente correlata specialità di durata sempre quinquennale” mentre in Sicilia basteranno due soli anni.
“D’altro canto – continua Fabrizio Micari -, spiace constatare che l’assessore Razza, esponente dell’attuale Giunta Regionale, apostrofi con termini dal chiaro tenore offensivo le legittime preoccupazioni che provengono dal mondo accademico, il cui esclusivo interesse è garantire il più elevato livello formativo possibile a tutela della collettività e della salute dei cittadini siciliani. Sul tema specifico della formazione specialistica, la Regione – continua poi il rettore -, piuttosto che concepire percorsi formativi paralleli, avrebbe potuto e dovuto impiegare maggiori risorse per finanziare contratti aggiuntivi per l’accesso alle Scuole di Specializzazione di Medicina, garantendo una formazione adeguata ai medici siciliani, finalizzata alla migliore tutela del diritto alla salute”.
Critiche arrivano però anche dall’associazione che rappresenta quelli che potrebbero beneficiare della misura varata dal governo regionale: i giovani medici. “Il percorso – commentano dal Sigm – non offre prospettive di sbocchi lavorativi. A dispetto di promesse di futuribili “sanatorie”, non si può non rilevare come, anche in recepimento di direttive comunitarie, in Italia sia necessario il possesso del diploma di specializzazione per rivestire incarichi di dirigente medico all’interno del Servizio Sanitario Nazionale. Il rischio è quello di condannare in un limbo alcune centinaia di giovani medici, per di più in setting clinici complessi e particolarmente usuranti, con l’aggravante di non poter godere di una progressione di carriera ancorché stabilizzati da una fantomatica sanatoria”.
I dubbi dei Giovani medici riguardano anche le formazione fornita dal corso del Cefpas. “Altre strade – propone poi l’associazione – si sarebbero potute percorrere, inserendo i Pronto Soccorso ed i Dea nelle reti formative delle scuole di specializzazione equipollenti alla medicina dell’emergenza-urgenza già esistenti ed attive, impegnando in questo ambito i medici specializzandi degli ultimi anni di corso, ovvero quelli già prossimi al completamento di un percorso strutturato di formazione specialistica. Le risorse altrimenti destinate ai corsi regionali – prosegue la nota -, invece, si sarebbero potute investire in contratti aggiuntivi regionali da destinare a tali scuole di specializzazione per allargare la platea degli iscritti, oltre che all’unica scuola di specializzazione in emergenza-urgenza presente in Sicilia, con sede presso l’Università di Catania, la cui rete formativa si sarebbe potuta parimenti ampliare su base regionale, aumentandone le capacità ricettive e quindi il numero degli iscritti”.
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13 Settembre 2019, 19:47