02 Marzo 2021, 22:10
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CATANIA – Il cronometro di Radio Radicale segna 2 ore, 1 minuto e 50 secondi. È questa la durata dell’udienza – a porte chiuse – nel corso della quale Raffaele Lombardo, imputato per concorso esterno e corruzione elettorale, rilascia le dichiarazioni spontanee davanti alla Corte d’Appello di Catania. L’ex governatore siciliano decide di prendere la parola per ‘difendersi’ da un’accusa “di cui non riesco a capacitarmi e che ritengo grave, ingiusta ed assurda”.
L’ex presidente della Regione definisce la vicenda giudiziaria che lo vede protagonista “un incubo che dura ormai da undici anni e che ha coinvolto i suoi cari e la sua famiglia”. Lombardo è tranciante: “Ribadisco che negli anni della mia esistenza con mafia e mafiosi non ho avuto nulla a che spartire”. Un concetto che ripete in diversi tratti delle sue lunghe e articolate dichiarazioni dove definisce “menzogne” e “sciocchezze” i racconti di alcuni collaboratori di giustizia (dai fratelli Paolo Mirabile e Giuseppe Mirabile, ai nuovi pentiti Dario Caruana, Francesco Squillaci e Alfredo Palio).
Il politico catanese – con la precisione millimetrica che ha sempre dimostrato – cita verbali, intercettazioni, passi della requisitoria. Lombardo evidenzia come Ciccio La Rocca, il capo (da poco scomparso) della famiglia mafiosa di Caltagirone e il fulcro del mosaico dell’accusa, nelle decine e decine conversazioni captate dal Ros nel procedimento Dionisio non fa mai il suo nome. L’ex governatore regionale, che ha letto migliaia di faldoni giudiziari, descrive il boss mafioso come “furbo, astuto e avido” e “capace di rigirare Alfio Mirabile come vuole”. Sul filone delle intercettazioni, l’imputato affronta il capitolo Vincenzo Aiello, il braccio imprenditoriale del clan Santapaola. Lombardo evidenzia come il boss più volte parla delle continue “negazioni” subite dall’ex presidente della Regione.
Gli stessi atti giudiziari del processo diventano le fondamenta per dimostrare – ribadisce Lombardo – come nella sua vita politica e amministrativa sia stato un “nemico della mafia”. “I danni che io assesto alla mafia e ai mafiosi, me lo faccia dire molto serenamente – afferma rivolgendosi alla Presidente Rosa Anna Castagnola – non hanno precedenti. Nessuno dei miei predecessori e nessuno dei miei successori ha arrecato alla mafia gli stessi danni che ho arrecato io come presidente della Regione e come capo del Governo regionale”.
L’ex presidente autonomista elenca i nomi delle illustri personalità dell’antimafia che sono state al suo fianco nella sua “esperienza politica e amministrativa”. Tra questi Alfonso Giordano, già Presidente della Corte d’assise del maxiprocesso, l’ex Procuratore generale di Catania Giacomo Scalzo, Pier Luigi Vigna ex capo della Procura nazionale antimafia. Ha poi ricordato le minacce e i soprusi subiti da Francesco Calanducci, quando era sindaco di Palagonia. Lombardo cita “giudici, uomini delle forze dell’ordine e imprenditori antiracket” che ha posto “in ruoli delicatissimi” del partito e anche “della Provincia e della Regione” tra il 2003 e il 2012.
Ma non è finita. L’ex governatore siciliano infatti continuerà a parlare – affrontando i temi dei parchi eolici e dei termovalizzatori – nella prossima udienza fissata per il 16 marzo. In quella data inizieranno le arringhe dei due difensori di Lombardo, l’avvocato Maria Licata e il professore Vincenzo Maiello. Il processo d’appello bis si è aperto dopo l’annullamento della Cassazione della sentenza dei giudici di secondo grado che ribaltando il verdetto del gup hanno assolto Lombardo dall’accusa di concorso esterno e condannato per il reato elettorale. Le pg (applicate) Sabrina Gambino e Agata Santonocito, al termine della requisitoria, hanno chiesto alla Corte la condanna dell’imputato a sette anni e quattro mesi di reclusione.
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02 Marzo 2021, 22:10