13 Aprile 2019, 12:00
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Continuiamo il nostro viaggio tra le “spine” del governatore. Tra i motivi, cioè, alla base dello scarso gradimento fotografato dal “Sole 24 ore”. Dopo la “mancanza di direzione” del governo, e i difficili rapporti tra giunta e Ars, oggi è il turno dell’eredità ricevuta da Musumeci da parte dei governi del passato.
Il tempo della semina è più lungo del previsto, perché troppo aridi erano i campi lasciati da chi c’era prima. È questa un po’ la narrazione del governo in carica, una delle spiegazioni, secondo il governatore e gli uomini a lui più vicini – insieme a una presunta inefficacia della comunicazione – dei risultati del sondaggio del Sole 24 ore che ha piazzato Musumeci all’ultimo posto tra i governatori.
L’eredità, insomma. Eccola assumere le sembianze a volte di un macigno da portare sulle spalle, altre di una voragine nella quale evitare di piombare. Ma basta questo? Basta fare riferimento al passato, per giustificare un presente dall’andamento lento e dai risultati magri sul piano delle riforme?
La risposta, ovviamente, non può essere semplice, né assoluta. L’eredità politica e amministrativa è una combinazione di elementi. È la commistione di cose buone e meno buone. Ed è, soprattutto, la somma di varie eredità. Eppure, il governo in carica sembra puntare il dito solo sul passato recentissimo, quello di Rosario Crocetta, che certo di guai ne ha lasciati. Ma dimentica spesso, lo stesso governo di centrodestra, che di molti guai e di molte difficoltà, i padri vanno cercati anche altrove, anche un po’ più indietro nel tempo, quando a governare erano anche uomini e partiti assai più vicini oggi a Musumeci che a Crocetta.
Il maxi debito? Ha tanti padri
Certamente, però, da qualche parte i demeriti degli ultimi governi del presidente gelese sono sotto gli occhi di tutti. A volte, con questi si fanno i conti quasi quotidianamente. Altre volte, trovano spazio in documenti ufficiali, a indicare un futuro nero, a causa dei troppi “rossi”. Quelli, ad esempio, che fanno rima con “debiti”. Oltre otto miliardi quelli a carico della Regione. Tutti creati da Crocetta? La risposta va cercata nelle pagine dei giudizi di parifica della Corte dei conti ed è molto chiara. Col governo precedente i debiti sono saliti di oltre il 40 per cento rispetto “all’inizio del quinquennio” precedente. Ma la situazione trovata da Crocetta non era certamente rosea: affrontando il tema dei mutui e dei finanziamenti della Regione, i giudici contabili annotavano che “la loro consistenza finale era di 5.816 milioni di euro nel 2011 e, poi, di 5.934 milioni nel 2012”. Insomma, quasi sei miliardi di debiti Crocetta li aveva a sua volta ereditati dal passato. Chi erano gli assessori all’Economia in quegli anni? Tra gli altri il ‘neoleghista’ Alessandro Pagano che fu assessore al Bilancio di Cuffaro, Roberto Di Mauro, nel listino dello stesso Musumeci alle ultime elezioni, che ebbe quella delega da Raffaele Lombardo, prima che questa passasse proprio a Gaetano Armao, oggi assessore all’Economia nel governo in carica.
Il rosso dei conti e il futuro nero
C’è poi il capitolo più “attuale” del disavanzo che ha provocato un braccio di ferro tra governo regionale e Corte dei conti, poi quello tra l’esecutivo siciliano e quello nazionale. E anche in questo caso, ecco il riferimento alle operazioni del governo Crocetta. Se la Sicilia è però arrivata lì, all’emersione di quel disavanzo, anche in questo caso la responsabilità va spalmata per tanti anni, come avviene, nell’altra direzione temporale, per i tanti mutui accesi dalla Regione. Perché il governo attuale potrà anche voler vedere chiaro sulle operazioni dell’allora assessore all’Economia Baccei, ma l’azione di “pulizia” dei residui attivi – in un modo o nell’altro – non ha “creato” un buco. Ha solo tolto la toppa. Per anni, infatti, i bilanci regionali sono stati, per non dire falsi, quantomeno improntanti all’ottimismo, con la previsione in entrata di somme che non sarebbero entrate mai. E così il disavanzo che per buona parte è frutto di quell’azione di riconduzione dei conti alla realtà, è emerso dopo quella che la Corte dei conti ha descritto più o meno come una “operazione verità”. E la verità è dura, certo. Ma la colpa, anche qui, è di tanti.
Flop province e caos istituzionale
Altrove invece certamente le responsabilità vanno ascritte al precedente governo. Sul piano istituzionale, su quello amministrativo e su quello delle riforme, i cinque anni di Crocetta sono stati nerissimi. Il flop epocale della riforma delle Province annunciata in favore di telecamere sulle reti nazionali, ha prodotto guai economici che la Sicilia ancora piange e fa fatica a sistemare. Oggi gli enti sono a un passo dal default. Stesso discorso va fatto ad esempio sul piano della gestione dei rifiuti e dell’acqua. Una sequela di riforme approvate, bocciate, riscritte che ha prodotto doppioni, confusione e ovviamente inefficienza. Sul piano amministrativo, poi, quella passata è stata la legislatura della Formazione ferma per tre anni e della Sanità impigliata sulla rete ospedaliera e su cui si è allungata l’ombra degli scandali.
L’eredità gradita
Quando si parla di eredità, però, non si può solo declinarla in senso negativo. C’è, nelle scelte del vecchio governo, qualcosa che piace anche al nuovo. O quantomeno ai partiti che hanno deciso di sostenere la giunta di Nello Musumeci. Basta scorrere i nomi di ex assessori di Crocetta che oggi si ritrovano serenamente nel centrodestra o che certamente non sono sgraditi al nuovo governo: da Ester Bonafede nuovamente tornata in corsa per il ruolo di Soprintendente della Fondazione orchestra sinfonica, a Giovanni Pistorio, da Dario Cartabellotta a Patrizia Valenti. Curioso il caso del neo assessore alla Famiglia Antonio Scavone: come capo di gabinetto e come vice ha scelto addirittura due ex assessori di Crocetta: Rosa Barresi e Giovanni Pizzo. E ovviamente, in giunta sono presenti ex assessori di Lombardo come il già citato Armao e di Cuffato come Roberto Lagalla. Anche quella è eredità.
Ancora più chiara la continuità col passato governo nella Sanità, dove sono stati confermati la metà degli ex commissari di Crocetta: da Giorgio Santonocito a Lucio Ficarra, da Angelo Aliquò a Fabrizio De Nicola. Ci sono poi anche altri nomi nella Sanità che fanno rima con la precedente stagione: dall’ex dirigente della Centrale unica di committenza Fabio Damiani (oggi manager a Trapani) a Eugenio Ceglia, ex consulente dell’ex sottosegretario e oggi segretario regionale del Pd Davide Faraone. E non mancano, ovviamente, anche i manager dei tempi di Lombardo. Perché un’eredità, in fondo, è sempre una somma di eredità.
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13 Aprile 2019, 12:00