15 Ottobre 2011, 23:57
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Oggi si celebravano i funerali della società civile palermitana. L’associazione Muovi Palermo ha voluto farla morire, “davvero”, facendola stendere a terra proprio davanti alla sede del Comune di Palermo, dopo averla condotta attraverso un il corteo funebre lungo le strade del centro storico della città.
In testa la bara nera, all’interno della quale muoiono cultura e diritto al lavoro. Perché è giunto il momento di tirare fuori la bara? qualcuno non ha dubbi: “La morte di Palermo sia sotto gli occhi di tutti, sta innanzitutto nel suo degrado” dice una manifestante. Ma quanti erano a lutto? “Oggi siamo pochi – dice Luigia di 42 anni – quando invece scendere in piazza è una necessità: se partiamo con l’idea che non ci sia nulla da fare, abbiamo già perso in partenza”. “Da qualche parte si deve pur cominciare per cambiare le cose” dice Giuseppe di 31 anni, che, dice, vorrebbe lavorare.
Anche Danila ha 31 anni. Lei è tornata in Sicilia dopo aver vissuto a Milano per un po’: “Palermo è morta perché non si riesce più a pensare, non si riesce più a pensare al futuro, a un futuro sereno. Ho aperto un’agenzia di comunicazione nella mia terra , ma è molto più difficile di quanto pensassi. Certo non voglio rinunciare. Ecco cosa ci vorrebbe: nessuno dovrebbe essere disposto a rinunciare a vivere, mai”.
Nel campo della comunicazione si è laureata anche Alessia, che ha 26 anni. “è morta la speranza – dice – : Nessuno sogna più. In famiglia più che credere ai miei sogni, sperano che mi trovi un lavoro qualsiasi. siamo passivi, e non vediamo alternative. Dovremmo ripartire dalla cultura, e dovrebbero farlo i più giovani”.
Nino, nonostante i suoi capelli e la sua barba già imbiancati, non usa mezze misure: “Sono qui perché ho motivo di essere incazzato per me e per i miei figli disoccupati, stanco di pagare gli errori degli speculatori finanziari, che se va bene guadagnano loro e se va male paghiamo noi”. Le sue parole sono calme, la stessa calma con cui individua il male che ha ucciso la città: “A Palermo le responsabilità sono diffuse. Per i palermitani la parola politica rappresenta solo una croce da tracciare su un simbolo ogni cinque anni. Nessuno farebbe entrare a casa propria un delinquente. La nostra casa non è solo tra le nostre quattro mura. La nostra casa – conclude – è la strada, il marciapiede, la piazza”.
Sotto un cielo scuro oggi Palermo ha visto un corteo silenzioso snodarsi per le vie della città. Solo le note di una marcia funebre suonata da una piccola banda hanno accompagnato il passo lento dei manifestanti. Gli stessi che si sono accasciati al suolo, a piazza Pretoria, uno dopo l’altro, sdraiati, stesi. Gli stessi che si sono alzati e che hanno applaudito al grido “Resuscitiamo!”.
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15 Ottobre 2011, 23:57