Cronaca

“I nostri figli e l’amore negato|Il silenzio può anche ucciderli”

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16 Settembre 2020, 18:44

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PALERMO- Sarà la giustizia a chiarire in forma definitiva perché Maria Paola Gaglione (nella foto), solare ragazza di Caivano, in provincia di Napoli, è morta. E’ stato il fratello a speronare deliberatamente lo scooter dove viaggiava con Ciro, il suo amore? E’ stata una fatalità, permeata forse dalla cieca e ingiustificabile rabbia per scelte sentimentali che la famiglia di lei non avrebbe condiviso? Maria Paola ha davvero abbandonato la sua vita e la sua felicità per niente, perché il meccanismo omofobo di una ‘relazione sgradita’ con una persona trans ha prodotto la catastrofe?

Lo diranno i giudici. Intanto, questa è una trama narrata che scuote il cuore e la mente di tutti. E che rimanda, in filigrana, al ritratto di un Paese in cui si può morire per un rapporto che gli altri considerano un peccato.

“Sì, è così – dice Graziella Puglisi, presidente dell’Agedo Catania -. In teoria, tutti sono liberi di vivere la loro vita. Ma quando sei toccato in prima persona, allora…”. Che cos’è l’Agedo? La scritta che campeggia nella pagina web dice l’essenziale: “Siamo un’associazione di genitori, parenti, amiche e amici di persone lesbiche, gay, bisessuali, trans. Aiutiamo i genitori nel loro percorso di coming out dei figli e delle figlie e lottiamo per promuovere i diritti civili e i cambiamenti sociali nel nostro Paese”. Ed è logico che tragedie come quelle di Caivano tocchino punti estremamente sensibili. Due donne siciliane raccontano com’è la discriminazione che scorre, ancora e ovunque, impetuosa.

“Mio figlio è gay”

“Sono molto addolorata e arrabbiata – dice Graziella –. Tanti si girano dall’altra parte, non vedono e non vogliono vedere. Ci battiamo da anni, ma la discriminazione esiste. Ci sono, per esempio, genitori colti, evoluti, che considerano l’omosessualità di un figlio come una tegola esistenziale, hanno paura delle chiacchiere. Ricordo una signora che era di un’altra città, ma veniva a Catania, a parlare con noi, del suo ‘problema’. Mandarono il figlio a studiare fuori, il più lontano possibile. Per lei il giudizio sociale contava più delle sue emozioni”.

“Ma se non dai tu, genitore, l’appoggio – continua Graziella – chi mai lo farà? Poi ci sono madri e padri che mettono l’amore sopra ogni cosa e difendono i figli e le figlie a spada tratta. Ma io ho visto persone, soprattutto, che hanno gettato via la loro esistenza, soffocate dalla famiglia. Qualcuno è stato minacciato con il più classico ‘Ti buttiamo fuori di casa’”.

“La mia vicenda è un po’ particolare – dice Graziella –. Non sono arrivata all’Agedo perché i miei figli sono gay. Mia figlia mi raccontò il suo turbamento in una occasione e fu il clic. Era andata in discoteca e aveva visto un suo compagno gay maltrattato e deriso. Si era anche avvicinata, ma lui l’aveva mandata via in malo modo. Si capisce, era un ragazzo crudelmente ferito. Da lì si è manifestato l’inizio di una ribellione che è diventata scelta. Ora mi sento la mamma di tutti”.

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“Un dolore immenso”

“Provo un dolore immenso – dice Anna Battaglia, presidente di Agedo Ragusa -. pure per una società che non offre spazio, sì, che discrimina. E sarebbe così semplice, così naturale il cambiamento. C’è da organizzare un lavoro culturale a cominciare dalla scuola. La famiglia dovrebbe essere la prima comunità a garantire un rifugio, invece non è così. Da noi vengono figli perché vorrebbero creare un dialogo con i genitori e sono i genitori che non ci stanno”.

Anna squaderna le rappresentazioni di un dolore inaudito e iniquo: “Tanto è sommerso sotto una apparente tranquillità. Magari i figli non si cacciano via, ma gli si chiede il silenzio, pretendendo che rinuncino alla libertà. E questo silenzio uccide, perché, purtroppo, il nodo è sempre quello che dice la gente”.

E si sa che la gente dà buoni, cioè pessimi consigli, sentendosi come Gesù nel tempio.

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16 Settembre 2020, 18:44

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